Billè: "rivedere il sistema di garanzie per l'accesso al credito"

Billè: "rivedere il sistema di garanzie per l'accesso al credito"

Il "No day" arriva nel Salento

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5 marzo 2003

“Le probabilità che ha oggi una piccola impresa, sottocapitalizzata e nell’impossibilità di offrire solide garanzie, di ottenere un prestito o l’apertura di un credito da parte di una banca sono quasi le stesse che ha un cammello di passare attraverso la cruna di un ago”. Non ha usato giri di parole il presidente di Confcommercio, Sergio Billè, nel suo intervento alla tappa pugliese del “No Day” commentando lo stato attuale dei rapporti tra banche ed imprese. Qual è la conseguenza di una simile situazione? Semplice: buona parte delle piccole imprese “dopo una serie di frustranti ma inutili tentativi, sono costrette a rivolgersi, obtorto collo, a quella selva piuttosto oscura in cui operano oggi certe anonime finanziarie. Col risultato che queste imprese o sono costrette a pagare interessi assai alti e quindi non sopportabili per il loro esiguo bilancio o finiscono nelle reti di un mercato finanziario che di legale ha spesso solo la vernice”.

È vero, ha sottolineato Billè, che in questi ultimi anni le strutture bancarie hanno cercato di adottare norme un po’ più duttili, ma ancora non ci siamo. La verità è che “poco o niente è cambiato: il 75% dei crediti continua, imperterrito, ad essere erogato solo a grandi e medie imprese. E poi qualcuno ancora si meraviglia del persistente “nanismo” che caratterizza il nostro sistema imprenditoriale”.

Altro tasto dolente è quello dei tassi attivi sui finanziamenti oggi praticati dalle banche.

Mentre le amministrazioni pubbliche pagano un tasso, per un credito a breve, del 4,01%, le società finanziarie del 3,90%, l’industria del 5,79%, i servizi del 6,58%, “le piccole imprese, quelle a conduzione semifamiliare che sono poi la maggioranza, pagano il 9,42%, un tasso che si avvicina a quello fissato per l’usura. E le piccole imprese del Centro-Nord usufruiscono di un tasso minore di quello praticato per le piccole imprese del Mezzogiorno (il 9,30% contro il 9,83%). E questo è un paradosso nel paradosso”.

Il costo dei normali servizi bancari, ancora, tra il gennaio 2002 e il gennaio 2003 è lievitato dell’11,9% e quello dei servizi finanziari del 14,8% mentre, nello stesso periodo, i servizi di bancoposta sono aumentati del 26,7%: “è così – si è chiesto Billè - che le strutture di base del nostro sistema economico rispettano il tasso di inflazione?”.

Per non parlare dell’aumento “assolutamente ingiustificato” del costo del servizio Pagobancomat, che secondo il presidente di Confcommercio “tende nuovamente a trasferire su aziende commerciali e consumatori oneri derivanti da inefficienze che permangono in alcune parti del sistema bancario”.

Che fare, allora? Innanzi tutto, occorre “rivedere il sistema di garanzie per l’accesso al credito tramite strategie che, diversamente da quanto accade oggi, siano indirizzate prevalentemente a quel tipo di imprese che, a differenza delle altre stanno producendo più valore aggiunto e più posti di lavoro”. Inoltre, ha concluso Billè, bisogna regolamentare “il settore dei confidi, cresciuto in modo spontaneo realizzando una disordinata proliferazione di questi enti di garanzia”.

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