Investire sul Belpaese: difendere i piccoli comuni per promuovere l'identità e le qualità italiane

Investire sul Belpaese: difendere i piccoli comuni per promuovere l'identità e le qualità italiane

Piccola Grande Italia. La disomogenea vitalità dei piccoli comuni con meno di 2.000 abitanti

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24 giugno 2003
  • Indagine Serico – Gruppo Cresme
  • Sintesi per la stampa (di seguito)
  • Intervento del presidente Sergio Billé

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Sintesi per la stampa

I 3.644 piccoli comuni con meno di 2.000 abitanti

 

La piccola grande Italia è l’Italia dei 3.644 comuni con meno di 2.000 abitanti raffigurata dalla ricerca coordinata da Sandro Polci di Serico (Gruppo Cresme) per Legambiente e Confcommercio che ha radiografato queste municipalità attraverso l’esame di 53 indicatori che riguardano, schematicamente, dati strutturali e di popolazione, istruzione, assistenza sociale e sanitaria, produzione, commercio e pubblici esercizi, turismo e ricchezza.

Un’indagine che registra la situazione e coglie le tendenze di un Paese che (al pari della Francia) presenta la maggiore distribuzione capillare della popolazione sul territorio con un’alta percentuale di comuni sotto i 2000 abitanti (45%) che coprono complessivamente un quarto (il 27,8%) della superficie nazionale.

In questo caso si può parlare di un’italia minuscola, così come fa Rodari già negli anni sessanta in un suo racconto (vedi all.) dove, prendendo spunto da un errore di un alunno (scrive “italia” e non “Italia”) nota come ci sia “un’Italia piccola, minore… certi paesini dove non arriva il telefono… un’italia minuscola dei vecchi a cui nessuno pensa, dei ragazzi che vorrebbero studiare ma non possono, dei villaggi dove sono rimaste solo le donne perché gli uomini sono emigrati…”. E si tratta dunque oggi di capire come fare a dare la maiuscola a quell’Italia che, nel complesso, occupa il 27,8% della superficie nazionale ma raccoglie appena il 6,2% degli abitanti, ha pochissimi giovani (gli ultra 64enni sono il 34%, valore superiore del 20% rispetto alla media nazionale), pochi studenti (il 3,5%, con una incidenza sulla popolazione pari quasi alla metà della media nazionale) e un numero bassissimo di laureati (ha questo titolo di studio l’1,5% dei residenti rispetto a una media nazionale del 3,6%).

E’ un Italia, quella dei comuni con meno di 2000 abitanti, che si concentra spesso nelle zone montane - Val d’Aosta, Molise, Piemonte, etc. (cfr. tav. 1) - ma non solo. E’ un’Italia che presenta anche un rapporto significativo tra la scarsa popolazione (6,2% della popolazione italiana come detto) e case vuote (più del 18% del patrimonio edilizio italiano), che conta la registrazione di ben 552.825 partite Iva, pari al 7,1% del totale nazionale, a significare la polverizzazione della struttura produttiva in piccole e piccolissime unità locali peraltro a un tasso di redditività molto basso (ogni partita Iva traduce in reddito 74 lire contro le 100 della media nazionale).

 

Una disomogenea vitalità, in bilico tra qualità e fragilità

E’ un’italia con la “i” minuscola dove i paesi invecchiano in fretta e per metà sono disabitati, dove c’è solo uno scolaro ogni 100 abitanti, dove le strutture sanitarie sono ridotte all’osso, dove i piccoli esercizi commerciali tendono a scomparire, dove il turismo è dimezzato rispetto al resto della penisola (40 presenze per posto letto contro le 84 della media nazionale), dove ci sono pochi sportelli bancari e conti correnti “poveri”.

Ma, contemporaneamente, c’è anche un’Italia minuscola solo nelle dimensioni, una piccola grande Italia, che ha plasmato su misura le opportunità di sviluppo, che ha trasformato l’esser piccoli in un valore aggiunto, dove alti sono gli standard economici e la qualità della vita: qui non si registra quel forte desiderio di fuga verso centri urbani più grandi, ed elevata è la ricchezza immobiliare. Qui piccolo non solo è bello, ma è anche e soprattutto turistico (c’è un posto letto ogni 4 abitanti e le presenze di vacanzieri per abitante sono triple rispetto alla media nazionale), c’è una forte vocazione alla promozione delle attività naturalistiche e sportive en plein air, e c’è la consapevolezza della forza e della qualità ambientale ed economica delle tradizioni locali, dell’artigianato, dei prodotti tipici.

Quello dei comuni minori è, infatti, un universo disomogeneo dove, al pari di aree che rischiano uno spopolamento irreversibile o registrano una marcata denatalità, regnano oasi felici di qualità della vita, di una marcata socialità favorita dalle piccole dimensioni, di una vivacità economica e di una attenzione evidente alle questioni ambientali.

Il risultato della ricerca evidenzia in sintesi due realtà: da una parte quella di alcuni centri che, pur avendo prodotto nei secoli un patrimonio straordinario di beni culturali e ambientali, abilità manifatturiere, saperi e sapori, oggi appaiono realmente poco competitivi da un punto di vista economico e vedono contrarsi, da un anno all’altro, servizi, scuole, presidi sanitari, esercizi commerciali. Rischiano, cioè, di veder aumentare i fattori di disagio. Dall’altra, invece, la realtà di quei comuni che evidenziano (e i casi virtuosi illustrati nella ricerca sono lì a testimoniarlo) performance positive in termini di manutenzione del territorio e che hanno nel turismo rurale e naturalistico, nell’agricoltura di qualità, nell’artigianato e nel commercio i maggiori punti di forza.

I 3.644 comuni italiani con meno di 2.000 abitanti si dividono, quindi, quasi equamente tra un’Italia di produzioni tipiche, di forte attrattiva turistica e generosi standard di vita – dove la dimensione contenuta della collettività è un ulteriore plus qualitativo – e un’Italia caratterizzata da cittadini anziani o con bassi redditi, con servizi insufficienti e non in grado di esprimere forme di manutenzione dell’ambiente, valorizzazione e competitività del territorio che vadano oltre la faticosa gestione del quotidiano.

Queste esperienze e performance spesso diametralmente opposte le ritroviamo in 6 gruppi ben definiti dalla ricerca.

 

Gruppo a rischio disagio

sottogruppo 1  “un marcato depauperamento tra vocazione rurale e natalità”
sottogruppo 2  “meno istruzione, meno produttività, meno servizi in area appenninica”
sottogruppo 4  “invecchiamento, isolamento: il benessere economico non basta”

Gruppo delle migliori performance insediative

sottogruppo 5   “i comuni nella corona del successo: produzione e prospettiva”
sottogruppo 6   “il valore aggiunto nell’essere piccoli, qualità della vita e opportunità di sviluppo”

Gruppo intermedio

sottogruppo 3    “le virtù fievoli della medietà”

 

I comuni a rischio disagio

Ai primi tre gruppi (1, 2 e 4) appartengono i comuni a rischio disagio (sono 1.867, il 51,2% dei 3.644 presi in esame) concentrati nel Sud e nelle isole, nelle aree interne del Centro, nell’entroterra appenninico ligure e piemontese, nell’alta Toscana e nelle province di Parma e Piacenza, con un’incidenza percentuale - nel rapporto con i comuni delle singole regioni - che vede in testa il Molise, con il 66,9% dei comuni appartenenti a questi gruppi e il Veneto che ne conta solo il 3,4%. (cfr. tav. 2). Pur con varie differenze, questo insieme di municipi presenta caratteristiche analoghe di spopolamento e difficoltà economica (cfr. tav. 3), problemi occupazionali e di deficit imprenditoriale (cfr. tav. 4), ma anche di carenza di servizi e scarsa attenzione al territorio e alle sue potenzialità.

 

I comuni delle migliori performances: il valore aggiunto del turismo, tipicità, qualità della vita

I comuni della corona del successo possono essere distinti in due insiemi ben localizzati. Il primo, il sottogruppo 5, più numeroso (conta il 23,4% di quelli sotto i duemila abitanti, 854 “campanili”) che interessa in maniera quasi esclusiva il Nord-Est: tutti i comuni di questa fascia si collocano in Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia (ma anche in Lombardia) con sporadiche apparizioni nelle Marche e in Val d’Aosta e, pur caratterizzati come gli altri da “dimensioni ridotte”, partecipano e sono inseriti all’interno del processo di crescita economica, produttiva e culturale che investe anche i centri urbani più grandi. Sono, insomma, in rete e investono molto sul turismo. Tutti gli indicatori di presenze, sia in termini di impatto sociale (presenze per abitante) che territoriale (per chilometro quadrato) eccedono non solo il dato corrispondente dei comuni del disagio e quelli sotto i 2.000 abitanti, ma anche la media nazionale. In particolare è la struttura ricettiva alberghiera ed extralberghiera ad attrarre flusso di domanda con ben 15 presenze per abitante rispetto alle 5 della media italiana.

La stessa vocazione turistica, anzi molto più accentuata, la ritroviamo anche nell’altro sottogruppo di comuni dell’eccellenza (il sottogruppo 6, con 517 municipi). In questo caso la qualità della vita emerge anche dagli elevati indici dell’assistenza sociale e sanitaria, così come dalle buone performance nel commercio.

L’insieme di questi due sottogruppi, che possiamo definire gruppo dei comuni delle migliori performance insediative, vede una concentrazione territoriale quasi esclusivamente localizzata nel Nord Italia (cfr. tav. 5) e si caratterizza per un quadro di scolarizzazione intermedio, significativo di un benessere diffuso, ma anche per la facilità di impiego per i giovani, che emerge anche da alcuni indicatori occupazionali (cfr. tav. 6), per la elevata utilizzazione delle strutture turistico–ricettive e per la scarsa dipendenza dal settore pubblico (cfr. tav. 7). Fanno parte di quest’area molti e famosi comuni, tra i quali ricordiamo: Cogne e La Thuile in Val d’Aosta; Alagna Val Sesia in Piemonte; Corvara in Badia, S. Cristina in Val Gardena, Pozza di Fassa, Stelvio in Trentino Alto Adige; i comuni delle Cinque Terre in Liguria; Alleghe, San Vito di Cadore, Sappada, Selva di Cadore, Zoldo Alto in Veneto; Malborghetto, Valbruna, Forni di Sopra, Forgaria in Friuli Venezia Giulia; Visso nelle Marche; Alfedena, Campo di Giove, Civitella Alfedena, Ovindoli, Rocca di Mezzo in Abruzzo; Stintino e Muros in Sardegna; S. Marina Salina in Sicilia.

 

Gruppo intermedio

L’11,1% dei piccoli comuni (406) fa parte, infine, di una compagine intermedia, che non presenta eccedenze di alcun segno particolarmente evidenti ed è localizzato soprattutto nell’Italia centrale (alto Lazio, Toscana e Umbria) con brevi estensioni al Nord-Est (Veneto e Lombardia).

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Tav. 4 - “GRUPPO DEI COMUNI A RISCHIO DISAGIO”

La forte dipendenza occupazionale dal settore pubblico
È forte la dipendenza occupazionale verso il settore del pubblico impiego: il tasso di occupazione nelle istituzioni rappresenta il 28,6% del totale degli addetti, con punte del 33%, contro una media nazionale del 19,7%. Un dato questo che evidenzia il ruolo di ammortizzatore occupazionale del pubblico impiego e il rischio di risolvere, attraverso di esso, le carenze strutturali dell’imprenditoria e dell’occupazione.

Un territorio in deficit imprenditoriale
A fronte dell’1,9% di unità locali nazionali, quelle relative al settore dei servizi per le imprese rappresenta solo l’1% del totale. E’ un territorio quindi in deficit imprenditoriale, nel quale si evidenzia sia una carenza strutturale di imprese a sostegno della stessa imprenditoria, sia una carenza quantitativa a livello territoriale, con una quota di pubblici esercizi per kmq pari a meno di un quarto di quella media nazionale.

Tav. 3 - “GRUPPO DEI COMUNI A RISCHIO DISAGIO”

Un quadro di “rarefazione insediativa”
Nei comuni del gruppo del disagio la densità demografica è pari a 33 abitanti per kmq, mentre la media nazionale conta 191 abitanti per kmq. Dunque un dato quasi sei volte inferiore a quello medio nazionale, che evidenzia una “rarefazione” insediativa tale da rappresentare un quadro strutturale quantitativo obiettivamente debole.

Pochi sportelli bancari, pochi depositi
3,89 milioni di lire di depositi bancari per abitante, contro i 17,03 della media nazionale, rappresenta il sintomo più evidente di una difficoltà economica diffusa, alla quale corrisponde il dimensionamento del sistema bancario, con 3,45 sportelli ogni 10.000 abitanti, contro un media nazionale di 4,56.

Tav. 6 - "GRUPPO DEI COMUNI DELLE MIGLIORI PERFORMANCE INSEDIATIVE”

Deficit di laureati e debole carenza di diplomati
E’ un quadro di scolarizzazione non troppo deficitario, quello dei comuni dei gruppi 5 e 6, i quali presentano una percentuale di diplomati tra il 13,3% e il 14,2% della popolazione residente, contro una media nazionale del 17,3%. Il quadro dei laureati, vede la percentuale superiore a quella dei comuni del disagio, compresa tra 1,6% e 1,8% della popolazione residente, contro la media nazionale del 3,6%

L’ottimo indicatore occupazionale
A differenza dei comuni del disagio, gli indicatori occupazionali del gruppo 5 e 6 evidenziano una forte componente positiva, data soprattutto dal ruolo centrale del commercio e dal suo peso rispetto alla popolazione. In particolare nei comuni del gruppo 6 i valori sono addirittura più elevati di quelli medi nazionali, a riprova della capacità di questi territori di sviluppare occasioni di crescita locale.

Tav. 7 - “GRUPPO DEI COMUNI DELLE MIGLIORI PERFORMANCE INSEDIATIVE”

La scarsa dipendenza occupazionale dal settore pubblico
E’ bassa la dipendenza occupazionale verso il settore del pubblico impiego: il tasso di occupazione nelle istituzioni rappresenta solo un valore compreso tra l’8% e l’11,7%, molto al di sotto della media nazionale del 19,7%. Un dato questo che evidenzia il ruolo dell’imprenditorialità locale e dell’autonomia occupazionale.

La grande risorsa delle strutture turistico-ricettive
L’incidenza delle presenze turistiche sul territorio rispetto alla media nazionale è leggermente superiore per il gruppo 5 e invece inferiore (ma superiore alla media dei comuni con meno di 2.000 abitanti) per il gruppo 6. Dove invece si può notare il grande peso della risorsa turistica e della sua incidenza nell'incrementare lo sviluppo locale è nell’indicatore delle presenze turistiche per abitante, pari al triplo di quelle medie nazionali.

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Italia Piccola (di Gianni Rodari)

Una sera il professor Grammaticus correggeva i compiti dei suoi scolari. La domestica gli stava vicino e lavorava ininterrottamente a far la punta alle matite rosse, perché il professore ne consumava moltissime.

A un certo punto Grammaticus dette un grido altissimo e balzò in piedi con le mani nei capelli gridando:

- Bollati! Bollati! ,

- Che cosa ha fatto ancora il signorino Bollati? - domandò la domestica. Essa ormai conosceva tutti gli allievi per nome e cognome, sapeva quali fossero gli errori preferiti di ciascuno, e non ignorava che gli errori di Bollati erano sempre terribili.

- Ha scritto “italia” con la lettera minuscola. Ah! Ma questa volta lo denuncio ai carabinieri. Posso perdonare tutto a tutti, ma non una simile mancanza di rispetto per il proprio paese.

- Già, - disse la domestica con un sospiro.

- Che cosa vorresti insinuare con quel “già”?

- Signor professore, una povera domestica come me, cosa vuole che sappia insinuare. E’ già tanto se so temperare le matite.

- Però hai sospirato.

- Da un punto di vista sì. A guardar bene …

- Sicuro! - urlò il professore -  Ora starò qui a guardare questa minuscola, e a forza di guardarla diventerà maiuscola da sola. Dammi quella matita, ci voglio fare tre fregacci rossi di quelli storici.

- Dicevo, - riprese con pazienza la domestica, - che forse il signorino Bollati ha voluto alludere …

- Sentiamo, sentiamo. Siamo alle allusioni, adesso. Presto saremo alle lettere anonime.

A questo punto la domestica, che aveva il suo orgoglio, si alzò, si scosse dal grembiale i truciolini della matita e disse:

- Lei non ha bisogno del mio parere. Buonasera.

- No, aspetta, parla. Sono tutt’orecchi. Ma parla, dì chiaramente il tuo pensiero.

- Insomma, non si offenda. Forse che non c’è un’Italia piccola, minore, dimenticata da tutti? Certi paesini dove non c’è il dottore, non arriva il telefono… Certe stradine dove possono passare solamente i muli… Certe povere case dove i bambini, galline e porcellini dormono tutti insieme per terra …

- Ma che cosa vai dicendo?

- Mi lasci finire. Io dico che c’è, quest’Italia minuscola: quella dei vecchi a cui nessuno pensa, dei ragazzi che vorrebbero studiare ma non possono, dei villaggi dove sono rimaste solo le donne perché gli uomini sono emigrati tutti …

Il professore, stavolta, ascoltava in silenzio.

- Ecco, forse il signorino Bollati pensava a queste cose, a questa gente, e non se l’è sentita di dare la maiuscola a …

- Ma è proprio questo l’errore! - sbottò Grammaticus. - C’è, c’è ancora questa italia piccola, ma io trovo che sarebbe ora finalmente di dare la maiuscola anche a lei.

La domestica sorrise:

- E allora faccia così: ci metta la maiuscola. Ma non ci faccia i tre fregacci. Apprezzi le buone intenzioni del signorino Bollati.

- Chissà poi se le aveva, queste buone intenzioni …

La domestica tornò a sedersi, sorridendo.

Era sicura ormai di aver salvato un bravo ragazzo da un brutto voto e, chissà, dagli scapaccioni di un babbo nervoso. E riprese tranquillamente a far la punta alle matite …

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