Clima di fiducia e aspettative delle famiglie italiane

Clima di fiducia e aspettative delle famiglie italiane

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22 luglio 2010

Anche nella prima parte del 2010 i consumi delle famiglie risultano stagnanti. Per l’immediato futuro, non si prevede una robusta ripresa (oltre il 68% del campione manterrà stabili le spese nei prossimi mesi); prevale un clima di cautela che spesso porta a rinviare alcune spese in programma, in particolare quelle per ristrutturare l’abitazione (per il 17,2%) e quelle per l’acquisto di nuovi elettrodomestici (14%); vacanze estive all’insegna della sobrietà e con una tendenza – rispetto alla scorsa estate - a ridurre la durata del soggiorno, sia in Italia che all’estero; aumentano solo le vacanze brevi entro i confini nazionali e resta elevata la percentuale di chi non farà nessuna vacanza (58%).

Il contesto generale di incertezza si riverbera negativamente sul clima di fiducia delle famiglie determinando un ulteriore deterioramento del relativo indice sintetico, che raggiunge il minimo da gennaio 2009. In particolare, presso i consumatori è possibile individuare tre segmenti: quasi un quarto delle famiglie a causa della crisi ha dovuto rinunciare all’essenziale; una buona metà invece ha razionalizzato le spese ed eliminato il superfluo; una quota del 25% non ha mutato in modo sostanziale il proprio stile di consumo, limitando gli sprechi ma concedendosi anche qualche lusso.

L’onda lunga della crisi ferma i consumi

Un quadro a tinte fosche contraddistingue la prima parte del 2010 sul fronte dei consumi. L’idea che la bassa congiuntura, rilevata ad inizio anno, fosse l’ultima appendice della crisi economica e che il quadro sarebbe presto migliorato in primavera non si è avverato. La ripresa tarda a manifestarsi e le aspettative di un miglioramento delle condizioni personali appaiono ai minimi. Il clima di fiducia delle famiglie, ulteriormente deteriorato, sembra risentire di un contesto di incertezza, in cui si susseguono le notizie di crisi finanziarie (dalla Grecia ad altri Paesi europei), di possibili default di conti pubblici e di inevitabili sacrifici che limiteranno le possibilità di spesa di molte famiglie.

Sebbene il 45,7% del campione abbia indicato un aumento dei consumi nei primi sei mesi dell’anno (con un incremento della quota rispetto alla precedente rilevazione) (fig. 1) è possibile ritenere che la crescita in quantità sia molto esigua, prossima allo 0[1]. Ma è bene ribadire che, nell’ambito di questa e delle precedenti rilevazioni, l’incremento dei consumi esprime quasi sempre una situazione di disagio, la spinta verso spese incomprimibili più che stili di vita improntati al benessere. In effetti, le categorie che hanno indicato con maggiore intensità incrementi di spesa negli ultimi sei mesi sono quelle a minor reddito o le famiglie più numerose (fig. 2) o quelle collocate nel Mezzogiorno.

Le previsioni di spesa: rinvii e attendismo sono un freno alla crescita

In questo contesto, la maggior parte delle famiglie prevede, per i prossimi mesi, consumi stabili: il 68% esprime tale orientamento, lasciando immaginare che anche nell’immediato le spese non dovrebbero registrare una consistente ripresa (fig. 3).

Numerose sono le famiglie che prevedono di posticipare alcune spese programmate, rispetto a quelle che invece procederanno agli acquisti veri e propri. In una scala ideale di priorità, al primo posto tra le previsioni di spesa vi sono quelle per piccoli e grandi interventi di ristrutturazione dell’abitazione, che verranno effettuati da circa il 10% delle famiglie nei prossimi mesi, ma ai quali per ora rinuncia il 17,2% (fig. 4). Egualmente appaiono molto numerosi i casi di rinvio di acquisto di nuovi elettrodomestici, di mobili per la casa e di un mezzo di locomozione.

Se si guarda, infine, alle previsioni per le vacanze estive si evidenzia la tendenza ad accorciare i tempi di permanenza (fig. 5) sia in Italia che all’estero ed un confronto con i dati rilevati a giugno 2009 indica un leggero incremento delle famiglie che non effettueranno tra giugno e settembre 2010 nessuna vacanza. 

Rinunce e virtuosismi di un Paese disorientato

Nel clima di incertezza diffusa e di aspettative di ripresa, per ora andate deluse, prevale la propensione a minimizzare gli sprechi ed a contenere le spese, a ridurre le risorse destinate a svago e divertimento, a programmare viaggi e vacanze estive per quanto possibile poco costose. Il ridimensionamento temporaneo degli stili di vita, il downsizing come filosofia quotidiana, appare l’orientamento prevalente in larghi strati della popolazione, per molti versi anche tra le famiglie con reddito alto.

Colpisce non poco il fatto che un quarto degli intervistati abbia indicato di avere rinunciato a cose essenziali a causa del clima di crisi (era il 17% nella rilevazione effettuata a gennaio 2010), così come raggiunge il 51% la parte del campione che ha indicato di contrastare la crisi riducendo gli sprechi (fig. 6).

I casi di rinuncia a spese essenziali appaiono diffusi soprattutto tra le famiglie del Mezzogiorno e tra chi vive da solo, ancor più con figli a carico, tra le famiglie con persone disoccupate e con reddito contenuto (fig. 7).

Il concetto di riduzione degli sprechi sembra accomunare invece tutti i segmenti sociali presi in considerazione, in particolare sia le famiglie più numerose e con reddito contenuto che gli alto-spendenti. Il 50% degli intervistati con reddito compreso tra 4.000 e 6.000 euro mensili ed il 40% di quelli con oltre 6.000 euro mensili ha indicato di attuare questo tipo di comportamento, che sebbene possa variare notevolmente da persona a persona e possa essere interpretato in modo differenziato da una famiglia ad un’altra, indica la presenza diffusa di un clima “al ribasso”, di una sensazione di incertezza che non aiuta a determinare una spinta propulsiva ai consumi.

In questo contesto, si cercano forme varie di risparmio e di riorganizzazione del budget familiare riducendo pranzi e cene fuori casa, intensificando l’acquisto di prodotti con marca commerciale, riducendo le spese per svago e divertimento, razionalizzando la spesa alimentare eliminando il superfluo o cercando prodotti in offerta speciale (fig. 8).

Ciò che colpisce, tuttavia, dei dati raccolti, non è tanto l’attivazione di comportamenti virtuosi ed improntati al risparmio, quanto il loro livello di diffusione, per molti aspetti estremamente ampio, che si registra in questo momento del Paese e che rischia, se prolungato nel tempo, di divenire un fattore ostativo alla crescita, un eccessivo virtuosismo che sembra rendere il Paese privo di una spinta vitale che si possa esprimere anche attraverso stili di consumo più brillanti.

Il clima di fiducia si deteriora

Nella prima parte del 2010 si è registrata una consistente riduzione della percentuale di persone che guardano al futuro positivamente. L’indice sintetico del clima di fiducia - ottenuto sintetizzando e ponderando le percentuali di ottimisti e pessimisti ed i dati sulle spese effettuate e sulle previsioni di spesa – registra a giugno del 2010 un ulteriore peggioramento, posizionandosi al minimo da gennaio 2009 (fig. 9).

Il quadro si chiarisce ulteriormente se si tiene conto che molte persone sono convinte della presenza di evidenti ostacoli alla ripresa riconducibili, per molti versi, ad una classe politica con limitati orientamenti strategici. In particolare, il 34,4% delle famiglie ritiene che la classe politica sia poco focalizzata sul tentativo di risolvere i problemi strutturali del Paese, quasi il 30% ritiene che un ostacolo alla ripresa sia l’elevata disoccupazione ed il 26% segnala la diffusa presenza di corruzione (fig. 10).

I dati disponibili devono essere considerati con una certa cautela. La tendenza attuale al pessimismo dovrebbe essere considerata come una fase passeggera, determinata dal fatto che la ripresa economica tarda a manifestarsi; infatti, già nelle ultime settimane di giugno 2010 alcuni segnali positivi si sono manifestati e il sistema produttivo sembra rimettersi in marcia, innescando, forse, un ciclo migliore di quello registrato negli ultimi mesi. Inoltre, occorre considerare che se circa un quarto delle famiglie intervistate ultimamente ha dichiarato di rinunciare a cose essenziali, la parte restante della popolazione è stata spinta a razionalizzare i propri consumi (quindi non ha tagliato le spese) o non ha cambiato affatto le abitudini di spesa; dunque restano diffuse forze vitali alle quali andrebbero lanciati dei segnali di incoraggiamento.

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Nota
L’indagine è stata effettuata su un campione di 1.300 famiglie stratificate per macro-area di residenza, per ampiezza demografica del comune di residenza, per età del capofamiglia e tipologia familiare.
L’indagine è stata effettuata nel corso delle ultime due settimane di giugno 2010 attraverso la somministrazione di un questionario a risposte chiuse per via telefonica con metodo CATI.

[1] In effetti, l’Istat riporta per il primo trimestre del 2010 una variazione congiunturale delle spese delle famiglie pari allo 0,0% ed una variazione dello 0,7% in termini tendenziali. 

Fonte immagini: indagine Censis-Confcommercio, giugno 2010

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