Intervento del Presidente Sangalli alla conferenza stampa di apertura del XXI Forum Confcommercio-Ambrosetti 2022

Intervento del Presidente Sangalli alla conferenza stampa di apertura del XXI Forum Confcommercio-Ambrosetti 2022

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27 aprile 2022

Buongiorno a tutti e benvenuti al forum di Confcommercio che riprende dopo due anni.

Da poco più di due mesi, l’Ucraina è divenuta un teatro di guerra. E non sappiamo per quanto tempo ancora lo resterà. Questa constatazione rende chiara l’esigenza di scelte adeguate alla portata delle sfide in campo: riaffermare le ragioni della libertà, della democrazia e del diritto internazionale.

Servono, allora, determinazione e compattezza europea ed atlantica per sanzioni finalizzate al ritiro delle truppe russe dal territorio ucraino ed allo sviluppo di un vero negoziato.

E l’Europa deve avere altrettanta compattezza e solida determinazione per risolvere le fragilità strategiche messe a nudo da questa tremenda crisi. Abbiamo bisogno di una comune politica estera e di difesa e sicurezza, così come di una comune politica energetica.

Sfide straordinarie, dunque, che richiedono flessibilità delle politiche di bilancio e sostegno degli investimenti. Senza dimenticare, in questo frangente, di dare concretezza ai nostri valori di solidarietà a chi oggi ne ha più bisogno, cioè i profughi di guerra.

E, ancora in Europa, bisognerà trovare consenso e convergenza sui necessari fondi di compensazione per il differente impatto delle sanzioni sui paesi.

Proprio sul versante dei riflessi economici e sociali a carico del nostro Paese, il ritorno di un tempo di guerra ha determinato un sostanziale cambiamento di scenario e di prospettive. Al riguardo, le stesse previsioni del DEF appaiono un po’ “ottimistiche”: sia sotto il profilo della sottovalutazione dell’inflazione, sia per la conseguente sopravvalutazione della crescita.

La maggiore dinamica dei prezzi, erodendo il potere d’acquisto della ricchezza liquida, comporta minori consumi e, quindi, frena il PIL, la cui crescita nell’anno in corso risulterebbe più vicina al 2% piuttosto che al 3%. Il prodotto lordo tornerebbe ai livelli pre-crisi alla fine del 2022, mentre i consumi farebbero registrare, secondo le nostre valutazioni, un anno di ritardo per il pieno recupero, che si collocherebbe solo alla fine del prossimo anno, una debolezza del nostro sistema economico con la quale dobbiamo, quindi, convivere ancora a lungo.

Come segnala l’Osservatorio Confcommercio-Censis sulla fiducia, il potenziale di sviluppo della spesa delle famiglie non si realizzerà pienamente ancora per diversi trimestri: è il tema dell’accresciuta incertezza che frena la normalizzazione della propensione al consumo.

In questo contesto, è fin d’ora evidente che gli impatti economici e sociali della guerra in Ucraina e del caro energia richiederanno margini di intervento ben più ampi dei circa sei miliardi contenuti nel DEF.

Nell’anno in corso, già ai prezzi attuali, la bolletta energetica delle imprese del terziario di mercato triplicherebbe. E l’autotrasporto delle merci potrebbe registrare un incremento dei prezzi dei carburanti del 40%.

Allora, andrebbe raccolta senza indugio la sollecitazione italiana alla costituzione di stoccaggi e riserve energetiche europee comuni.

Ma, soprattutto, occorre diversificare e rendere più sicuri i nostri approvvigionamenti, rafforzare la nostra capacità di rigassificazione, rilanciare la produzione nazionale di gas.

Così come occorre procedere a una temporanea riattivazione delle centrali a carbone. Tutto ciò restando ferme -lo sottolineo- tanto l’esigenza dell’impulso all’efficienza energetica ed alle fonti rinnovabili, quanto quella della partecipazione italiana alla ricerca sul nucleare di nuova generazione.

Insomma, serve una politica energetica bonificata dai sovraccarichi ideologici dei troppi “no” preconcetti e dagli “eccessi” burocratici che, ad ogni passo, rischiano di bloccare decisioni e realizzazioni.

Servono pragmatismo e realismo anche per gestire - in Europa e nel nostro Paese - il processo di transizione energetica all’insegna della convergenza necessaria tra sostenibilità ambientale e sostenibilità economica e sociale.

Resta ferma, poi, l’esigenza di una riforma organica della fiscalità energetica: sia sul versante degli oneri generali di sistema, sia in riferimento ad IVA ed accise.

Inoltre, andrebbe estesa al metano per autotrazione l’aliquota IVA ridotta del 5% già applicata per usi civili ed industriali. L’accisa italiana sul gasolio è, poi, la più alta d’Europa.

L’eliminazione del meccanismo dei rimborsi parziali per il gasolio commerciale, l’eliminazione del regime preferenziale di tassazione del gas metano e l’introduzione di oneri locali su un comparto globale come il trasporto marittimo, sono tutti provvedimenti previsti dal pacchetto europeo in materia ambientale (Fit for 55): se adottati colpirebbero duramente la competitività del sistema italiano delle imprese del trasporto e della logistica.

Oltre alla diversificazione europea delle fonti di energia e dei paesi da cui essa viene importata, va approfondito uno schema di pronto intervento che preveda l’adozione di un tetto “protettivo” al prezzo all’ingrosso del gas, accompagnato da misure che sospingano efficienza energetica e risparmio.

Per quanto riguarda l’Italia, le ultime misure adottate dal Governo puntano a mitigare le ricadute dell’impennata dei prezzi delle materie prime energetiche a carico di famiglie ed imprese.

E’ importante, in questo quadro, l’introduzione di crediti d’imposta fruibili anche da parte delle imprese che non rientrano nelle consuete definizioni di imprese “energivore” e “gasivore”.

E per quanto riguarda la riduzione delle accise sulla benzina e sul gasolio, si tratta di un intervento che andrebbe reso più incisivo e più duraturo in ragione sia degli straordinari rincari dei prezzi industriali dei carburanti, sia dell’eccessivo onere strutturale del prelievo fiscale su tali prodotti.

Cambiano scenario e prospettive, dunque. E gli strumenti d’intervento vanno tempestivamente adeguati.

Così, a fronte di un mercato del lavoro in continua evoluzione e in cui diviene sempre più rilevante la questione dell’incontro tra domanda e offerta, occorrerebbe davvero un forte investimento sul versante delle politiche attive e, in particolare, sulla cura delle competenze come condizione di occupabilità.

Vi è, poi, il tema della cosiddetta “flessibilizzazione” del PNRR.

Sul fronte delle verifiche tecniche e ambientali, le buone semplificazioni sperimentate su alcune opere strategiche vanno senz’altro estese ad altri ambiti e altri progetti.

Ed emerge anche il nodo dei problemi strutturali di lungo corso delle pubbliche amministrazioni e, in particolare, delle pubbliche amministrazioni del Mezzogiorno. Ne va rafforzata la capacità di progettazione e vanno ridotti i tempi istruttori.

In conclusione. Rispetto a questo scenario ed alle sfide che comporta, servono certamente scelte impegnative e responsabilità condivise.

Concludendo, guardate: per rilanciare occupazione, redditi e consumi, è necessario mettere a terra le riforme e gli investimenti del PNRR; agire sul cuneo fiscale e contributivo, detassare gli aumenti dei rinnovi contrattuali. E per sostenere le imprese bisogna agire sulle moratorie fiscale e creditizie.

Occorre, allora, che il Governo metta in campo anche un metodo di lavoro stabile, strutturato e condiviso con le parti sociali.

La ripresa è tutta da costruire.

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