La sintesi della ricerca
La sintesi della ricerca
LA PICCOLA GRANDE ITALIA
L’alterna vitalità dei comuni italiani con meno di 2.000 abitanti
I 3.644 piccoli comuni con meno di 2.000 abitanti
La piccola grande Italia è l’Italia dei 3.644 comuni con meno di 2.000 abitanti raffigurata dalla ricerca coordinata da Sandro Polci di Serico (Gruppo Cresme) per Legambiente e Confcommercio che ha radiografato queste municipalità attraverso l’esame di 53 indicatori che riguardano, schematicamente, dati strutturali e di popolazione, istruzione, assistenza sociale e sanitaria, produzione, commercio e pubblici esercizi, turismo e ricchezza.
Un’indagine che registra la situazione e coglie le tendenze di un Paese che (al pari della Francia) presenta la maggiore distribuzione capillare della popolazione sul territorio con un’alta percentuale di comuni sotto i 2000 abitanti (45%) che coprono complessivamente un quarto (il 27,8%) della superficie nazionale.
In questo caso si può parlare di un’italia minuscola, così come fa Rodari già negli anni sessanta in un suo racconto (vedi all.) dove, prendendo spunto da un errore di un alunno (scrive “italia” e non “Italia”) nota come ci sia “un’Italia piccola, minore… certi paesini dove non arriva il telefono… un’italia minuscola dei vecchi a cui nessuno pensa, dei ragazzi che vorrebbero studiare ma non possono, dei villaggi dove sono rimaste solo le donne perché gli uomini sono emigrati…”. E si tratta dunque oggi di capire come fare a dare la maiuscola a quell’Italia che, nel complesso, occupa il 27,8% della superficie nazionale ma raccoglie appena il 6,2% degli abitanti, ha pochissimi giovani (gli ultra 64enni sono il 34%, valore superiore del 20% rispetto alla media nazionale), pochi studenti (il 3,5%, con una incidenza sulla popolazione pari quasi alla metà della media nazionale) e un numero bassissimo di laureati (ha questo titolo di studio l’1,5% dei residenti rispetto a una media nazionale del 3,6%).
E’ un Italia, quella dei comuni con meno di 2000 abitanti, che si concentra spesso nelle zone montane - Val d’Aosta, Molise, Piemonte, etc. (cfr. tav. 1) - ma non solo. E’ un’Italia che presenta anche un rapporto significativo tra la scarsa popolazione (6,2% della popolazione italiana come detto) e case vuote (più del 18% del patrimonio edilizio italiano), che conta la registrazione di ben 552.825 partite Iva, pari al 7,1% del totale nazionale, a significare la polverizzazione della struttura produttiva in piccole e piccolissime unità locali peraltro a un tasso di redditività molto basso (ogni partita Iva traduce in reddito 74 lire contro le 100 della media nazionale).
Una disomogenea vitalità, in bilico tra qualità e fragilità
E’ un’italia con la “i” minuscola dove i paesi invecchiano in fretta e per metà sono disabitati, dove c’è solo uno scolaro ogni 100 abitanti, dove le strutture sanitarie sono ridotte all’osso, dove i piccoli esercizi commerciali tendono a scomparire, dove il turismo è dimezzato rispetto al resto della penisola (40 presenze per posto letto contro le 84 della media nazionale), dove ci sono pochi sportelli bancari e conti correnti “poveri”.
Ma, contemporaneamente, c’è anche un’Italia minuscola solo nelle dimensioni, una piccola grande Italia, che ha plasmato su misura le opportunità di sviluppo, che ha trasformato l’esser piccoli in un valore aggiunto, dove alti sono gli standard economici e la qualità della vita: qui non si registra quel forte desiderio di fuga verso centri urbani più grandi, ed elevata è la ricchezza immobiliare. Qui piccolo non solo è bello, ma è anche e soprattutto turistico (c’è un posto letto ogni 4 abitanti e le presenze di vacanzieri per abitante sono triple rispetto alla media nazionale), c’è una forte vocazione alla promozione delle attività naturalistiche e sportive en plein air, e c’è la consapevolezza della forza e della qualità ambientale ed economica delle tradizioni locali, dell’artigianato, dei prodotti tipici.
Quello dei comuni minori è, infatti, un universo disomogeneo dove, al pari di aree che rischiano uno spopolamento irreversibile o registrano una marcata denatalità, regnano oasi felici di qualità della vita, di una marcata socialità favorita dalle piccole dimensioni, di una vivacità economica e di una attenzione evidente alle questioni ambientali.
Il risultato della ricerca evidenzia in sintesi due realtà: da una parte quella di alcuni centri che, pur avendo prodotto nei secoli un patrimonio straordinario di beni culturali e ambientali, abilità manifatturiere, saperi e sapori, oggi appaiono realmente poco competitivi da un punto di vista economico e vedono contrarsi, da un anno all’altro, servizi, scuole, presidi sanitari, esercizi commerciali. Rischiano, cioè, di veder aumentare i fattori di disagio. Dall’altra, invece, la realtà di quei comuni che evidenziano (e i casi virtuosi illustrati nella ricerca sono lì a testimoniarlo) performance positive in termini di manutenzione del territorio e che hanno nel turismo rurale e naturalistico, nell’agricoltura di qualità, nell’artigianato e nel commercio i maggiori punti di forza.
I 3.644 comuni italiani con meno di 2.000 abitanti si dividono, quindi, quasi equamente tra un’Italia di produzioni tipiche, di forte attrattiva turistica e generosi standard di vita – dove la dimensione contenuta della collettività è un ulteriore plus qualitativo – e un’Italia caratterizzata da cittadini anziani o con bassi redditi, con servizi insufficienti e non in grado di esprimere forme di manutenzione dell’ambiente, valorizzazione e competitività del territorio che vadano oltre la faticosa gestione del quotidiano.
Queste esperienze e performance spesso diametralmente opposte le ritroviamo in 6 gruppi ben definiti dalla ricerca.
Gruppo a rischio disagio
sottogruppo 1 “un marcato depauperamento tra vocazione rurale e natalità”
sottogruppo 2 “meno istruzione, meno produttività, meno servizi in area appenninica”
sottogruppo 4 “invecchiamento, isolamento: il benessere economico non basta”
Gruppo delle migliori performance insediative
sottogruppo 5 “i comuni nella corona del successo: produzione e prospettiva”
sottogruppo 6 “il valore aggiunto nell’essere piccoli, qualità della vita e opportunità di sviluppo”
Gruppo intermedio
sottogruppo 3 “le virtù fievoli della medietà”
I comuni a rischio disagio
Ai primi tre gruppi (1, 2 e 4) appartengono i comuni a rischio disagio (sono 1.867, il 51,2% dei 3.644 presi in esame) concentrati nel Sud e nelle isole, nelle aree interne del Centro, nell’entroterra appenninico ligure e piemontese, nell’alta Toscana e nelle province di Parma e Piacenza, con un’incidenza percentuale - nel rapporto con i comuni delle singole regioni - che vede in testa il Molise, con il 66,9% dei comuni appartenenti a questi gruppi e il Veneto che ne conta solo il 3,4%. (cfr. tav. 2). Pur con varie differenze, questo insieme di municipi presenta caratteristiche analoghe di spopolamento e difficoltà economica (cfr. tav. 3), problemi occupazionali e di deficit imprenditoriale (cfr. tav. 4), ma anche di carenza di servizi e scarsa attenzione al territorio e alle sue potenzialità.
I comuni delle migliori performances: il valore aggiunto del turismo, tipicità, qualità della vita
I comuni della corona del successo possono essere distinti in due insiemi ben localizzati. Il primo, il sottogruppo 5, più numeroso (conta il 23,4% di quelli sotto i duemila abitanti, 854 “campanili”) che interessa in maniera quasi esclusiva il Nord-Est: tutti i comuni di questa fascia si collocano in Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia (ma anche in Lombardia) con sporadiche apparizioni nelle Marche e in Val d’Aosta e, pur caratterizzati come gli altri da “dimensioni ridotte”, partecipano e sono inseriti all’interno del processo di crescita economica, produttiva e culturale che investe anche i centri urbani più grandi. Sono, insomma, in rete e investono molto sul turismo. Tutti gli indicatori di presenze, sia in termini di impatto sociale (presenze per abitante) che territoriale (per chilometro quadrato) eccedono non solo il dato corrispondente dei comuni del disagio e quelli sotto i 2.000 abitanti, ma anche la media nazionale. In particolare è la struttura ricettiva alberghiera ed extralberghiera ad attrarre flusso di domanda con ben 15 presenze per abitante rispetto alle 5 della media italiana.
La stessa vocazione turistica, anzi molto più accentuata, la ritroviamo anche nell’altro sottogruppo di comuni dell’eccellenza (il sottogruppo 6, con 517 municipi). In questo caso la qualità della vita emerge anche dagli elevati indici dell’assistenza sociale e sanitaria, così come dalle buone performance nel commercio.
L’insieme di questi due sottogruppi, che possiamo definire gruppo dei comuni delle migliori performance insediative, vede una concentrazione territoriale quasi esclusivamente localizzata nel Nord Italia (cfr. tav. 5) e si caratterizza per un quadro di scolarizzazione intermedio, significativo di un benessere diffuso, ma anche per la facilità di impiego per i giovani, che emerge anche da alcuni indicatori occupazionali (cfr. tav. 6), per la elevata utilizzazione delle strutture turistico–ricettive e per la scarsa dipendenza dal settore pubblico (cfr. tav. 7). Fanno parte di quest’area molti e famosi comuni, tra i quali ricordiamo: Cogne e La Thuile in Val d’Aosta; Alagna Val Sesia in Piemonte; Corvara in Badia, S. Cristina in Val Gardena, Pozza di Fassa, Stelvio in Trentino Alto Adige; i comuni delle Cinque Terre in Liguria; Alleghe, San Vito di Cadore, Sappada, Selva di Cadore, Zoldo Alto in Veneto; Malborghetto, Valbruna, Forni di Sopra, Forgaria in Friuli Venezia Giulia; Visso nelle Marche; Alfedena, Campo di Giove, Civitella Alfedena, Ovindoli, Rocca di Mezzo in Abruzzo; Stintino e Muros in Sardegna; S. Marina Salina in Sicilia.
Gruppo intermedio
L’11,1% dei piccoli comuni (406) fa parte, infine, di una compagine intermedia, che non presenta eccedenze di alcun segno particolarmente evidenti ed è localizzato soprattutto nell’Italia centrale (alto Lazio, Toscana e Umbria) con brevi estensioni al Nord-Est (Veneto e Lombardia).