Ripensare alla crescita del Paese: strategie e scelte di medio termine

Ripensare alla crescita del Paese: strategie e scelte di medio termine

Le proposte di Rete Imprese Italia per la crescita del Paese

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7 ottobre 2010

Indice

  1. IL CONTESTO DI RIFERIMENTO
  2. LE CONDIZIONI PER RIPARTIRE
  3. LE STRATEGIE PRIORITARIE
    1. PUNTARE AD UNA BUONA POLITICA FISCALE
    2. ATTUARE IL FEDERALISMO FISCALE
    3. GARANTIRE UNA REALE SEMPLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA
    4. INCENTIVARE L’INNOVAZIONE CHE SOSTIENE LO SVILUPPO
    5. POTENZIARE I RAPPORTI DI PARTNERSHIP FRA IMPRESE E BANCHE
    6. RIPENSARE LE POLITICHE INDUSTRIALI E PER I SERVIZI
    7. RECUPERARE I DIVARI TERRITORIALI
    8. POTENZIARE GLI INTERVENTI PER UN LAVORO ATTIVO
    9. RIQUALIFICARE IL TERRITORIO
  4. LE SCELTE DI SVILUPPO DI MEDIO TERMINE
    1. LE ENERGIE RINNOVABILI
    2. L’ANELLO AGGREGANTE DELLE CITTÀ
    3. INTERVENTI PER LE INFRASTRUTTURE DEL PAESE
    4. I SERVIZI ALLE persone
    5. LA RISORSA DEL TURISMO

1. IL CONTESTO DI RIFERIMENTO

Siamo oggi nella posizione di poter tracciare un bilancio a consuntivo del pesantissimo biennio che abbiamo alle spalle: la grande crisi, prima finanziaria e poi produttiva, ha assunto le caratteristiche di recessione senza però avvitarsi in un processo deflattivo e di grande depressione prolungato nel tempo.

Ciò non toglie che le conseguenze della recessione non si siano esaurite, e anzi non possono essere archiviati i rischi di una ricaduta, specie per economie come la nostra caratterizzate da debolezze strutturali sedimentate nel tempo.

In tutti i contesti attraversati dalla crisi si sono continuati ad accumulare ingenti deficit di bilancio che hanno alimentato il debito pubblico: tali crescenti disavanzi, a differenza dell’Italia, hanno trovato origine anche nella serie di politiche economiche di stampo espansivo adottate in funzione anticiclica e per il sostegno alla domanda.

In Italia, la mole storica del debito ha invece determinato una più rigorosa disciplina di bilancio e ristretti spazi di manovra per scelte anticicliche a carico della finanza pubblica.

In generale, ciò determina per tutti i Paesi un necessario ridimensionamento del ruolo della finanza pubblica intesa come elemento propulsivo dello sviluppo: le strategie di contenimento dei disavanzi – al limite con meccanismi di automatismo – e di rientro dal debito devono ora andare nella direzione contraria, richiedendo quindi un’accurata opera di bilanciamento tra entrate e uscite e di selezione rigorosa delle misure di spinta alla crescita.

A ciò si unisce il fatto che il percorso di uscita dalla recessione e di consolidamento del ritorno alla crescita è reso più difficoltoso dalla difficoltà del sistema produttivo di riassorbire la disoccupazione creatasi, al di là dei ben noti effetti di sfasamento temporale tra ciclo produttivo e ciclo occupazionale.

Una crisi produttiva che ha coinvolto pesantemente contesti territoriali più industrializzati (particolarmente concentrati nel Nord del Paese) ma che non ha impedito il mantenimento di forti divari territoriali tra le regioni più sviluppate e il Mezzogiorno.

Il ridimensionamento del grado di partecipazione attiva al mercato del lavoro, sintetizzato nel nostro Paese da una crescita del tasso di disoccupazione (specie della componente giovanile della forza lavoro) e dall’aumento dell’area dell’inattività, è sintomatico delle debolezze strutturali della nostra economia e come tale si configura elemento di maggiore rischio su cui occorre intervenire nell’immediato e da più direzioni.

2. LE CONDIZIONI PER RIPARTIRE

Se la parola d’ordine dei prossimi anni deve essere più crescita, l’Italia deve tornare a crescere in tutti i suoi fattori fondamentali: PIL; produttività; occupazione; redditi di imprese, famiglie e lavoratori; coesione sociale; coscienza di essere una grande nazione innervata nei territori.

Per ricominciare a crescere è necessario un nuovo “Progetto Paese” i cui assi portanti sono l’innovazione, la concorrenza, la qualità, la conoscenza e la legalità. Ripartiamo dalla creazione di lavoro, non un lavoro qualsiasi ma che offra l’esercizio delle passioni, delle competenze, della fiducia nelle capacità individuali. Abbiamo bisogno di una società che premi il merito, ad incominciare dalla scuola.

Per ricominciare a crescere ripartiamo dalla PMI e dall’impresa diffusa che garantiscono la tenuta del nostro Paese poiché hanno messo a disposizione del sistema efficienza, competenza, orientamento all’innovazione e alla coesione sociale, necessari per dare stabilità e continuità alla ripresa.

Per ricominciare a crescere rinnoviamo il protagonismo degli attori delle relazioni sindacali. Ciò nella consapevolezza che non è irrilevante la scelta del modello di relazione fra sindacati ed imprese, dei modelli di contrattazione, dei modelli di relazione tra le imprese e chi fa le regole.

La coesione e la cooperazione fra le parti sociali è e sarà sempre più elemento strategico per fronteggiare e superare gli elementi di criticità ancora presenti negli scenari generali.

Esplorare la possibilità di adottare strategie cooperative per rafforzare il modello di relazioni sindacali significa responsabilizzare le parti sociali sull’importanza che le politiche per una stabile ripresa economica vedano la compartecipazione attiva tra imprese e lavoratori.

In questo processo, R.E.TE. Imprese Italia porta a contributo comune il valore del suo stesso modello di rappresentanza, fondato sull’orizzontalità come elemento fondativo e su nuove ragioni di scambio, che sommano a quello fra iscrizione delle imprese e tutela, l’intreccio fra senso di appartenenza e difesa del sistema dei valori dell’agire imprenditoriale.

3. LE STRATEGIE PRIORITARIE

R.E.TE. Imprese Italia ritiene che le linee d’azione necessarie per favorire la crescita siano nove. Si tratta di interventi cruciali perché destinati ad incidere sui fattori da cui dipende la capacità competitiva del Paese.

a. PUNTARE AD UNA BUONA POLITICA FISCALE

Poiché è evidente che in presenza di livelli di deficit pubblico quali quelli raggiunti nel nostro Paese non sia possibile agire sulla leva della riduzione fiscale tout court, è auspicabile che almeno si avvii la ricerca di interventi tesi a favorire maggiore equilibrio sul versante delle entrate. In sostanza, non è pensabile che si possa arrivare ad una riduzione della pressione fiscale senza controllare e ridisegnare la spesa pubblica. Il costante incremento della spesa corrente sottrae risorse per lo sviluppo e condiziona negativamente il futuro del Paese. Ciò impone che vada riqualificata e bonificata la spesa pubblica sia centrale che periferica. Si ritiene che una occasione per raggiungere questo obbiettivo possa e debba essere ricercata in una efficiente attuazione del federalismo fiscale.

Da tali azioni possono scaturire sostanziosi risparmi ed economie: riduzione di spesa pubblica non è sinonimo di servizi più scadenti, anzi, potrà accadere esattamente il contrario nel momento in cui sarà chiesta maggior responsabilità nella gestione di qualità dei servizi pubblici. Nel frattempo è importante puntare:

  • alla semplificazione degli adempimenti fiscali affinché l’impresa sia liberata da procedure e formalismi che non garantiscono né le aziende, né i lavoratori, né lo Stato;
  • al riequilibrio del carico fiscale fra lavoro e rendita per liberare risorse per lo sviluppo: oggi la produzione è soggetta ad una maggior tassazione rispetto al capitale, quindi, si rende necessario un progressivo riequilibrio del carico fiscale tra lavoro e rendita, prevedendo in tutti i modi un alleggerimento per i piccoli risparmiatori utile anche al rilancio della domanda interna;
  • al controllo e al recupero dell’evasione in tutte le forme in cui si manifesta: dall’abusivismo al lavoro irregolare alle attività economiche sommerse;
  • ad un profondo cambiamento nel rapporto tra contribuenti e amministrazione finanziaria, incardinato sul reciproco affidamento, sia nella fase di controllo che nella successiva, e sempre più delicata, fase di riscossione coattiva delle imposte: in modo particolare la fase di riscossione delle imposte deve tenere conto del dovere dei contribuenti di pagare le imposte associato, ma anche alla tutela della sopravvivenza delle imprese e, non da ultimo, l’interesse dell’erario di ottenere le somme non versate;
  • alla riduzione progressiva della pressione fiscale per i contribuenti virtuosi: nel campo del lavoro dipendente, con la tassazione ad aliquota ridotta delle componenti di salario legate ad incrementi di produttività; sul versante delle imprese, con una fiscalità premiale per le scelte di reinvestimento aziendale di redditi ed utili e per il mantenimento e la costruzione di occupazione.
  • ad agevolazioni fiscali tese ad incrementare la base occupazionale, prendendo quale anno base il 2009. A tale fine si potrebbe pensare di concedere una ulteriore deduzione rispetto al costo sostenuto.
  • ad un fisco che renda meno oneroso l’avvio di nuova impresa, con una drastica riduzione degli adempimenti nonché del carico fiscale e contributivo nella prima fase di avvio. Questo consentirebbe a molti più soggetti di provare ad iniziare un’attività economica, senza più barriere burocratiche, fiscali o contributive all’intrapresa dell’attività d’impresa.

b. ATTUARE IL FEDERALISMO FISCALE

Il federalismo fiscale può arginare il dilagare della spesa pubblica: il passaggio dalla spesa storica a quella standard per le funzioni essenziali delle Regioni e ai fabbisogni standard per il finanziamento delle funzioni fondamentali degli enti locali dovrebbe garantire il contenimento della spesa coniugata ad un miglioramento nella qualità della spesa.

Nell’ambito del federalismo fiscale si profila un eccessivo ricorso all’IRPEF come strumento di flessibilità e di manovrabilità a disposizione di Regioni ed enti locali: l'imposta sul reddito delle persone fisiche viene fortemente “stressata”, con differenziazioni territoriali attuata mediante addizionali, con detrazioni che possono notevolmente aumentare la complessità del sistema tributario.

Inoltre, va scongiurato, il rischio che da una cattiva attuazione del federalismo fiscale si ottenga un incremento della pressione fiscale.

R.E.TE. Imprese Italia crede nella prospettiva federalista, che costituisce a suo giudizio, prima ancora che una dimensione di governo, un elemento importante per rivalutare le realtà economiche e le comunità locali, in cui anche il conflitto possa trasformarsi in forme di competizione regolata.

c. GARANTIRE UNA REALE SEMPLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA

Il tema della semplificazione è oggi più che mai attuale. Nel quadro della crisi globale, portare avanti il processo di semplificazione e di snellimento burocratico, è necessario per riattivare la crescita dell’economia, recuperando il forte gap concorrenziale che ci separa dagli altri Paesi.

R.E TE. Imprese Italia ritiene che la gestione del lavoro imprenditoriale ed autonomo è ancora particolarmente gravata da complessità burocratiche e procedurali. Liberare le imprese dagli oneri e dalle complicazioni burocratiche, infatti, significa soprattutto recuperare risorse da destinare a investimenti e sviluppo.

R.E TE. Imprese Italia propone un Patto per la semplificazione che possa creare una maggior coordinamento fra domanda e offerta di servizi pubblici e abbattere le criticità che rendono difficile la loro corretta interazione.

R.E.TE. Imprese Italia individua nella riduzione del cuneo della burocrazia un obiettivo strategico che la politica deve perseguire, sottolineando con forza quanto questi oneri impropri pesino sulle imprese in termini di perdita di competitività. In particolare, R.E.TE. Imprese Italia ritiene fondamentale che i processi di semplificazione siano improntati al principio cardine dello Small Business Act, “Think Small First”.

All’elaborazione di questo principio si deve accompagnare un percorso, non solo culturale, della PA, che prosegua, da un lato, nello sfoltimento e razionalizzazione delle norme esistenti, valorizzando anche l’utilizzo degli strumenti informatici e, dall’altro, intervenga nella fase di formazione delle norme con una valutazione reale di impatto sulle PMI e l’impresa diffusa, semplificando le procedure in base a principi di proporzionalità e gradualità. In altri termini ogni provvedimento necessiterebbe di una valutazione di “invarianza di costi” anche per l’impresa e non solo per il bilancio dello Stato e/o per la P.A.

La semplificazione amministrativa deve essere accompagnata quindi da:

  • il rinnovamento della cultura del lavoro amministrativo, altrimenti qualunque riforma finirà con il produrre la metà dei benefici auspicati;
  • lo sforzo di velocizzare il più possibile il rapporto fra l’imprenditore e gli uffici pubblici, diversificando anche gli strumenti informatici;
  • l’abbattimento delle sovrapposizioni normative e procedurali che sono il vero nodo per cui rallenta l’offerta di servizi pubblici;
  • ma soprattutto non è sufficiente semplificare i rapporti dalla PA verso dall’impresa (che nello sportello unico hanno trovato uno spazio ad hoc) ma anche il contrario, quelli dell’imprenditore verso la PA, non altrettanto scorrevoli.

d. INCENTIVARE L’INNOVAZIONE CHE SOSTIENE LO SVILUPPO

La ristrutturazione delle filiere produttive e dei sistemi di sviluppo locale impone alle PMI e all’impresa diffusa di acquisire un sempre maggiore livello di confidenza con l’innovazione tecnologica e con il ricorso ai nuovi approcci di tipo organizzativo che ne massimizzino l’efficienza e le ricadute sulla loro competitività.

Le PMI e l’impresa diffusa devono cioè spostare il baricentro delle proprie politiche aziendali verso la gestione di relazioni con il mercato e verso le attività di marketing e comunicazione, formazione, information technology ed alla densità di innovazioni organizzative.

R.E.TE. Imprese Italia ritiene che vadano sostenuti e incentivati gli investimenti necessari ad ampliare il capitale relazionale delle PMI e dell’impresa diffusa e ad infrastrutturare i fattori intangibili. In particolare, risulta di primaria importanza incentivare l’incontro tra la domanda di innovazione delle imprese e l’offerta dei soggetti specializzati nella consulenza che sostiene lo sviluppo aziendale.

Si tratta, infatti, di nuovo approccio strategico, che sposta il baricentro delle politiche aziendali a valle del processo produttivo, in una posizione più vicina al mercato.

Un approccio utile anche a valorizzare il “produrre sul territorio” come elemento distintivo verso il mercato di riferimento ed il consumatore, non certo come fattore di chiusura autarchica, ma come fattore a sostegno della competizione globale.

e. POTENZIARE I RAPPORTI DI PARTNERSHIP FRA IMPRESE E BANCHE

La virulenza della crisi ed il perdurare delle condizioni di congiuntura negativa, pone il tema dell’accesso al credito delle PMI e dell’impresa diffusa e del rapporto delle stesse con le banche, tra i punti qualificanti rispetto alla determinazione dell’agenda politica.

Posto che “Basilea 3” rappresenta una soglia di tutela e di vigilanza per scongiurare altre crisi finanziarie, il rischio che possa rendere più oneroso l’accesso al credito per le Pmi e l’impresa diffusa è molto concreto..

Premesso che è auspicabile un consolidamento del rapporto di collaborazione tra le associazioni imprenditoriali e gli istituti di credito, che in questi ultimi due anni ha consentito di valorizzare il patrimonio informativo ai fini di una migliore valutazione delle imprese da parte delle banche, è altresì necessaria:

  • individuazione di plafond di linee di credito costruiti con attenzione ai problemi settoriali e di mercato delle imprese;
  • erogazione del credito attraverso una maggiore attenzione agli obiettivi di business dell’impresa, riconoscendo valore oltre che al capitale economico, anche al capitale immateriale e relazionale dell’impresa stessa, e nonché alla introduzione di innovazione.

Infatti, gli indicatori sulla base dei quali le banche concedono il credito devono essere armonizzati necessariamente alla realtà produttiva del nostro Paese. Nella determinazione del rating delle imprese, in particolare, occorre dare più peso ad informazioni di natura qualitativa, derivanti da un rapporto diretto con le associazioni e con il sistema dei Confidi, maggiormente in grado di leggere le effettive potenzialità delle imprese di piccole dimensioni e dell’impresa diffusa.

Ciò è ancora più vero in una fase critica come quella attuale nella quale, come ha sottolineato il Governatore Draghi in occasione della relazione annuale della Banca d’Italia, è indispensabile che i banchieri assolvano fino in fondo al proprio ruolo di saper valutare la reale capacità dell’imprenditore di fare impresa.

In generale, per ovviare alle asimmetrie informative tra banche e imprese di piccole e medie dimensioni e dell’impresa diffusa risulta indispensabile valorizzare il ruolo svolto dai Confidi e dalle Associazioni d’impresa. Queste strutture, grazie al tradizionale patrimonio informativo di cui dispongono, hanno svolto un ruolo fondamentale nell’ammortizzare le recenti tensioni tra sistema bancario e mondo delle imprese e, in prospettiva, possono contribuire sempre più a veicolare mezzi finanziari fondamentali per lo sviluppo economico e sociale delle realtà di cui fanno parte.

Chiediamo pertanto un forte impegno pubblico per sostenere la base patrimoniale dei Confidi, sempre più decisivi nel consentire l’eccesso al credito per l’artigianato, il commercio, il turismo ed i servizi; per le micro, piccole e medie imprese per l’impresa diffusa. È necessario, inoltre, mettere in campo una più attenta attività di vigilanza in ordine ai comportamenti posti in essere dagli istituti di credito, al fine di garantire maggiore concorrenza e, quindi, una riduzione dei costi dei servizi bancari.

f. RIPENSARE LE POLITICHE INDUSTRIALI E PER I SERVIZI

Nel nostro paese il vento delle politiche a favore delle imprese ha spostato ancora troppo lentamente la sua direzione a favore delle Pmi e delle imprese diffuse. Ne sono prova i tempi di recezione dello Small Business Act, di cui R.ETE. Imprese Italia auspica una veloce applicazione. Ma una legge di principio potrebbe non bastare, sebbene se ne condividono i principi ispiratori di fondo: dalla necessità di riconoscere il ruolo oggettivo delle iniziative economiche di piccole e medie dimensioni nell’economia del paese alle previsioni di una nuova stagione di innovazione nei confronti delle Pmi e delle imprese diffuse.

R.E TE. Imprese Italia chiede non solo che lo “Statuto delle imprese” disponga di una corsia preferenziale e giunga velocemente a maturazione, ma che tale provvedimento sia solo un primo passo verso politiche di valorizzazione e di incentivazione delle Pmi e delle imprese diffuse che:

  • rovescino il paradigma seguito fin qui: da cosa esclude che le Pmi e le imprese diffuse siano oggetto di politiche dedicate a quali sono i presupposti per cui devono poter contare su tali strumento di crescita;
  • abbiano attenzione per le specificità settoriali e di mercato delle Pmi e delle imprese diffuse. In particolare, l’intreccio crescente fra i comparti industriali e quelli terziari, le spinte verso nuovi mercati e verso una necessaria e diffusa riorganizzazione espresse dalle imprese del terziario postulano l’esigenza di una compiuta politica per i servizi.

In questa direzione occorre, inoltre, affrontare il tema degli incentivi, sapendo che è necessaria la definizione di un disegno organico di politica industriale le cui linee strategiche sono:

  • unitarietà della governance del sistema coordinando l’azione dello Stato e le politiche regionali;
  • definizione di un quadro certo di interventi a carattere pluriennale per assicurare continuità e stabilità al quadro di sostegno;
  • aspetti gestionali efficienti per ridurre tempi e costi;
  • valutazione dell’efficacia delle agevolazioni.

g. RECUPERARE I DIVARI TERRITORIALI

Lo sviluppo bloccato del Mezzogiorno costituisce un vincolo pesante alla crescita del Paese. R.E.TE. Imprese Italia ritiene che vadano sviluppate politiche di riequilibrio territoriale che devono essere riprese ed affrontate con cambiamento di logiche e con una maggiore incisività rispetto al passato, anche da parte dello Stato centrale. È necessario che tali politiche rientrino infatti in un più generale disegno di politica economica per lo sviluppo Paese. L’articolazione di politiche per il riequilibrio territoriale non possono prescindere dall’abbattimento del deficit di legalità che grava ancora sui territori del Mezzogiorno.

Le tante fenomenologie che producono una caduta della legalità gravano pesantemente sullo sviluppo delle Pmi e dell’impresa diffusa sia sul piano economico in quanto scoraggia le iniziative e altera il mercato e la concorrenza, sia sul piano sociale, poiché genera quella diffidenza e quella paura che inibiscono la crescita delle iniziative produttive.

Parimenti sono da ricollegarsi al deficit di legalità problematiche fondamentali quali:

  • la scarsa qualità dei servizi erogati;
  • il divario infrastrutturale, sia materiale che immateriale;
  • l’insoddisfacente gestione dei fondi strutturali;
  • il basso livello degli investimenti.

Molti imprenditori non investono per i condizionamenti legati alle diverse forme di illegalità e al tempo stesso, questi condizionamenti influiscono negativamente sul contesto in cui operano le imprese, a livello di infrastrutture e di rapporti con la PA.

R.E TE. Imprese Italia chiede che alle politiche di controllo e di presidio sul territorio – di tutto il territorio nazionale, ma soprattutto nel Sud del Paese – si accompagnino meccanismi premianti per le Pmi e l’impresa diffusa che agiscono nella legalità e che devono fronteggiare, invece, talvolta quotidianamente, il rischio di arretratezza connesso alle forme di illegalità, così presenti sul piano locale.

h. POTENZIARE GLI INTERVENTI PER UN LAVORO ATTIVO

Uno dei fattori sottesi alla prospettiva della crescita è l’investimento sul capitale umano e sugli strumenti di gestione del rapporto di lavoro che transitano anche per corrette e potenziate relazioni sindacali.

Queste ultime, intese come regole liberamente sancite dalle Parti per determinare la cornice all’interno della quale collocare i contratti di lavoro, la gestione dei rapporti, la bilateralità ed il welfare integrativo, necessitano di una nuova visione in grado di mobilitare le migliori energie disponibili nel Paese per modificare sostanzialmente quanto sinora sedimentato sul tema ed oggi poco utile per affrontare i pesantissimi effetti della crisi. Un nuovo paradigma, dunque, sul quale potersi confrontare e sul quale ricercare il massimo consenso. Solo in questo modo potranno essere affrontate le tematiche di una discussione che abbia i giusti collegamenti con quanto avviene nelle aziende italiane. Infatti, lo scollamento che si ravvisa tra i fabbisogni di lavoratori ed imprese e modelli di funzionamento delle relazioni sindacali, sembra essere il divario più importante da dover colmare per rispondere al meglio alla necessità di strumenti per la competizione che viene dal basso. Conseguentemente, il secondo livello di contrattazione (territoriale e aziendale) dovrà essere funzionale allo scambio fra aumenti di produttività e redistribuzione dei risultati d’esercizio ottenuti, mantenendo il principio della pari cogenza derogabilità nell’ambito dell’esercizio dell’autonomia responsabile delle parti.

In tale contesto, gli investimenti sul capitale umano diventano uno dei driver principali a supporto di scelte di politica industriale che devono poter proiettare l’immagine del nostro Paese nel medio-lungo periodo. Appare importante definire tali scelte rapidamente, ed operare conseguentemente, al fine di strutturare un’offerta formativa adatta ad accompagnare le innovazioni di prodotto o di processo e, più in generale, i riposizionamenti di mercato, che inevitabilmente dovranno essere implementati.

Taluni primi aspetti di merito che R.E.TE. Imprese Italia ritiene importante sottolineare sono:

  • proseguire nella direzione del sostegno allo sgravio contributivo ed alla detassazione della componente di risultato del salario (dallo straordinario ai premi di produzione), attraverso l’innalzamento dei massimali di reddito su cui applicarla e l’abbassamento ulteriore delle aliquote;
  • allineare le competenze dei lavoratori con quelle richieste dalle imprese. Bisogna puntare su una istruzione e formazione scolastica (ad incominciare da quella tecnica e professionale) mirata sulle effettive esigenze delle imprese, rilevate attraverso nuovi ed efficienti sistemi di rilevazione dei fabbisogni, che siano in grado di dare conto degli stessi anche a breve termine;
  • prevedere meccanismi di incentivazione normativi o economici per gli investimenti in formazione;
  • puntare sull’apprendistato, privilegiando la formazione nell’impresa e, quindi, la formazione per competenze accompagnata da un plafond di formazione formale sulle materie di carattere orizzontale;
  • riformare il sistema di tutele occupazionali nella direzione del welfare to work che garantisca maggiore inclusività e maggiore sicurezza;
  • rafforzare la bilateralità, che sottende una visione delle relazioni di lavoro di tipo partecipativo e non antagonistico-conflittuale e realizza forme indispensabili di sussidiarietà su terreni di fondamentale importanza per migliorare la qualità del lavoro e la produttività all’interno delle imprese (ammortizzatori sociali, sicurezza sul lavoro, formazione, sanità integrativa, previdenza complementare, aiuti all’innovazione, prestazioni di vario tipo ad imprese e lavoratori);
  • migliorare l’efficacia dell’incrocio fra domanda e offerta di lavoro. La quota straordinariamente bassa di occupati realizzati attraverso il collocamento pubblico rende indifferibile affrontare il problema. Con questi risultati o c’è qualcosa di profondamente sbagliato nel collocamento pubblico (che chiude o si riforma) o gli oltre 10 mila soggetti su cui è stata distribuita la funzione di matching fra domanda e offerta di lavoro sono troppi e poco efficaci;
  • presidiare i livelli di produttività delle funzioni pubbliche, in quanto datori di lavoro, affinché il recupero di efficienza della macchina amministrativa generi un aumento di competitività per il sistema paese.

i. RIQUALIFICARE IL TERRITORIO

Il nostro è un paese in cui identità e economia dipendono dalla sua cultura e bellezza, dalla tutela del passato e delle sue sedimentazioni (arte e territorio), dai beni comuni e dalle attività che su queste, si imperniano (il turismo in primo luogo).

Processi di Manutenzione diffusa, sono una premessa fondamentale per una solida e coerente politica di valorizzazione del turismo, nelle sue articolazioni di offerta consentite dai molteplici bacini culturali e naturalistici del paese, che intercetti la crescente e differenziata domanda globale.

Una disposizione alla cura che acquista valore nella ristrutturazione, nel ripristino, nel riuso di un patrimonio edilizio, che affonda le sue radici nella storia e rappresenta un investimento per il futuro.

In tal senso l’attuazione del “piano casa”, da parte delle Regioni, potrebbe rappresentare un’importante opportunità per la riqualificazione del patrimonio immobiliare e dei territori.

In questo quadro, occorre anche stabilizzare gli incentivi del 55% sul risparmio energetico, introdotte dalla legge finanziaria 2007 che verranno a cessare il 31 dicembre 2010.

L’intervento persegue una duplice finalità: ambientale e di sostegno all’economia nazionale.

Si inserisce infatti nell’ambito delle priorità di politica energetica, stabilite a livello Europeo e al contempo sostiene un’imprenditoria di qualità, tipicamente nazionale e legata al territorio.

L’incentivo, al pari della detrazione del 36% sulle ristrutturazioni, ha favorito l’uscita dal sommerso e la lotta all’evasione fiscale, determinando un impatto positivo sull’economia e sulla capacità di ripresa del Paese, oltre che sull’occupazione.

Ora l’efficacia degli strumenti sopra richiamati rischia di essere seriamente compromessa dalla introduzione della ritenuta del 10% a titolo di acconto fiscale, recentemente introdotta, che va pertanto immediatamente abrogata.

4. LE SCELTE DI SVILUPPO DI MEDIO TERMINE

Posta la complessità della fase economica in atto, non è possibile pensare che le risposte ai problemi di crescita possano essere trovate tutte nel breve periodo. Le strategie indicate vanno in questa direzione, ma sarebbe un errore pensare che possano coprire tutti gli stimoli allo sviluppo. Ciò che serve, accanto agli interventi richiamati, è l’individuazione anche di alcune scelte di medio termine sui cui avviare processi ed interventi non a carattere di straordinarietà, ma di respiro più ampio. Veri e propri macro-obiettivi su cui far convergere decisioni, risorse ed azioni. In particolare, R.E.TE. Imprese Italia ritiene che questi macro-obiettivi siano cinque.

a. LE ENERGIE RINNOVABILI

Il settore energetico, in questa fase storico-economica del Paese, è un comparto che può produrre sviluppo certo, non solo per il valore aggiunto di qualità che un suo adeguato rafforzamento può attribuire alla nostra economia, ma anche per il suo valore economico, legato soprattutto al risparmio energetico e alle imprese che quotidianamente mettono a disposizione le loro competenze tecniche e di progettazione per far crescere l’efficienza e la sicurezza energetiche.

Nel nostro periodo, il settore energetico è destinato a ricoprire il posto di traino degli scambi che è stato a lungo riservato al comparto finanziario.

Ad oggi permane una situazione di forte dipendenza del sistema energetico italiano dalle fonti energetiche combustibili (e non rinnovabili), in larga parte provenienti dai paesi esteri. L’utilizzo di nuove tecnologie oggi considerate ad alta efficienza dipende, in primo luogo dalla loro reperibilità sul mercato, in secondo luogo dai loro costo di istallazione, in terzo luogo dalle agevolazioni statali che possono influenzare la varie scelte di acquisto

“Addomesticare” la dipendenza dal petrolio e dal gas deve divenire una priorità e rappresentare dunque un obiettivo raggiungibile in un orizzonte temporale non troppo lontano, almeno per quanto riguarda le utenze domestiche, quelle per le attività commerciali e le piccole e medie imprese.

Occorre muoversi nell’immediato ma anche progettare a più lungo termine: se il risparmio energetico, realizzato attraverso l’attribuzione di maggiore efficienza agli impianti esistenti, è un obiettivo che appartiene alla condivisibile e necessaria logica del breve periodo, lo sviluppo delle fonti rinnovabili assume più una caratterizzazione in prospettiva e di medio-lungo periodo, legata agli ulteriori sviluppi nel campo della ricerca teorica e applicata.

Fin da ora è evidente che la creazione di nuovi posti di lavoro nelle imprese operanti nell'economia verde costituiscono importanti obiettivi nell'ambito del sostegno destinato alle regioni.

La promozione di prodotti e di processi produttivi ecocompatibili nelle PMI e nell’impresa diffusa sta creando un nuovo mercato per le economie locali, permettendo loro di impossessarsi di opportunità create dalla necessità di contrastare il cambiamento climatico come nuovo potenziale fonte di sviluppo.

Ci troviamo, infatti, nel mezzo di un passaggio in cui chi riuscirà più velocemente e vigorosamente a cogliere le possibilità aperte dalle sfide energetiche e ambientali potrà uscire dalla crisi economica prima e meglio degli altri.

Per cogliere le opportunità della green economy le PMI e l’impresa diffusa sono pronte per riqualificare una intera filiera di operatori che coinvolge i settori dell’edilizia, degli installatori, dei manutentori, delle società di servizi energetici.

b. L’ANELLO AGGREGANTE DELLE CITTÀ

Il ruolo svolto dal sistema imprenditoriale (specie quello rappresentato dall’impresa diffusa) è strategico nel territorio e nella città contenitore, in virtù della sua cruciale funzione di scambio fra produzione di conoscenze e produzione di beni e servizi. Basti pensare alle tante attività legate al turismo. Le città, non solo quelle di medie dimensioni e le aree metropolitane, presentano oggi ancor più che nel passato un rinnovato contenitore dello sviluppo, non solo perché in esse si concentrano tutti quegli elementi di eccellenza che sono gli assi portanti intorno ai quali impostare le nuove traiettorie di benessere, ma anche perché attraverso gli interventi di manutenzione degli spazi pubblici, il recupero di aree marginali o degradate e l’investimento su servizi pubblici di maggiore qualità, le imprese chiamate ad intervenire dai soggetti di governo locale e dei privati rispondono alle sempre più evidenti esigenze della cittadinanza e del restante mondo produttivo.

Accanto al tradizionale policentrismo dei sistemi locali di piccole e medie città emerge la spinta del “megacentrismo territoriale” (fatto di grandi conglomerati di insediamenti metropolitani dove si progetta, si produce, si smista, si vende, si abita). Le PMI e le imprese diffuse operanti in tali contesti allargati sono soggetti pro-attivi in grado di garantire il mantenimento di un’identità condivisa per le comunità che le abitano.

c. INTERVENTI PER LE INFRASTRUTTURE DEL PAESE

L’efficienza del reticolo logistico e distributivo è fondamentale per lo sviluppo del ring “città – cultura – patrimonio artistico – turismo” e postula l’esigenza di nuovi e mirati investimenti, a partire da quelli connessi alla mobilità sostenibile.

Il Paese e le sue città, di tutte le dimensioni, hanno infatti bisogno di infrastrutture che sostengano i processi di scambio economico, realizzando una stretta connessione tra dimensione locale ed accesso al mercato globale. È cruciale il ruolo della logistica urbana e di prossimità: dalle piattaforme di scambio ai parcheggi ai progetti di decongestionamento della mobilità urbana al rispetto e alla valorizzazione delle aree ad alta frequentazione economica e sociale, ad esempio i porti.

Le PMI e l’imprese diffuse sono destinatarie e attori in prima persona di queste aree di sviluppo ed è per questo che R.E.TE. Imprese Italia chiede di avviare una stagione di modernizzazione delle infrastrutture per sostenere la competitività delle imprese e del Paese. Per questo le infrastrutture – si tratti di grandi assi e direttrici così come dell’infrastrutturazione di prossimità – devono essere oggetto tanto di riforma, quanto di decisioni strategiche concertate e concrete.

La coerenza del fare richiede così anche la realizzazione di infrastrutture di middle term, interventi necessari alla PMI e all’impresa diffusa per agevolare la produzione, gli scambi e tramite ciò elevare la produttività.

d. I SERVIZI ALLE persone

Il processo di territorializzazione del comparto sanitario e il tipo di assistenza verso cui evolve il modello italiano sta generando (e continuerà a farlo in futuro) potenzialità di sviluppo non indifferenti.

La connettività tra gli operatori – di cui sempre più si rendono consapevoli – può allora rappresentare lo strumento attraverso il quale poter rimodulare con tempestività tutta l’offerta di servizi, creando un’adeguata filiera.

Ne trarrà beneficio anche il valore aggiunto di un settore ad elevata intensità di lavoro. Soluzioni organizzative aggreganti e tecnologiche avanzate possono infatti innescare processi di creazione di ulteriori opportunità di mercato e quindi di valore economico oltre che sociale.

e. LA RISORSA DEL TURISMO

Il grande patrimonio storico, artistico, culturale, ambientale che caratterizza il nostro paese sul piano tradizionale va gestito con un nuovo slancio strategico, nella convinzione che esso possa produrre quell’ulteriore valore aggiunto economico.

Oltre a rappresentare una leva di creazione occupazionale e di sviluppo di filiera, il settore turistico ha effetti di indotto non indifferenti rispetto alla necessità di dotazioni infrastrutturali, per cui coinvolge diversi comparti dove le Pmi e l’impresa diffusa possono e debbono fornire il loro contributo.

Le azioni da promuovere per cogliere le opportunità della risorsa turismo sono ben chiare: garantire la governance unitaria del settore ed adeguare le dotazioni infrastrutturali; migliorare qualità e fruibilità del patrimonio ambientale e culturale; ottimizzare e rafforzare l’attività promozionale del marchio Italia e promuovere il turismo in Italia degli italiani; affrontare la questione della fiscalità per il turismo.

Valorizzando un’accoglienza basata su un’offerta di servizi di qualità e integrata per tutti i turisti che visitano l’Italia, le potenzialità dell’enorme patrimonio di cui disponiamo possono essere colte.

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