Ruote d'Italia: "Se non prendiamo atto della realtà il Paese andrà a sbattere"

Ruote d'Italia: "Se non prendiamo atto della realtà il Paese andrà a sbattere"

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27 aprile 2022

Guardando allo stato di avanzamento degli investimenti previsti dal PNRR non possiamo che dirci allarmati. Non è una preclusione nei confronti del governo attuale o dei precedenti, ma una presa d’atto della realtà. Bisogna riconoscere, con molta onestà, che la situazione non potrà andare avanti così ancora per molto. Gli annunci si sprecano ma i fatti tardano a concretizzarsi. Era il 12 luglio 2020 quando il governo Conte annunciò l’importo destinato al nostro Paese nell’ambito del Recovery Fund europeo e le varie aree di intervento nelle quali tali risorse sarebbero state allocate. A quel primo annuncio fecero seguito, purtroppo, solo altri annunci ed oggi la scadenza del 31 dicembre 2026, data entro la quale il PNRR deve essere realizzato, appare pericolosamente vicina. L’Unione europea, ora che sembra avvicinarsi la fine della fase di recrudescenza della pandemia, avvierà delle verifiche puntuali sull’impiego dei fondi erogati e l’Italia sarà chiamata a spiegare, innanzitutto, come mai dei 54 miliardi del fondo di Sviluppo e Coesione ne sono stati impegnati 24 e spesi appena 4/5. Fino ad ora abbiamo istituito tante governance, abbiamo trasmesso l’elenco delle opere e delle iniziative da intraprendere, ma non abbiamo aperto un solo cantiere per la messa a terra delle opere infrastrutturali indicate nel PNRR (anche se ve sono alcune definite e condivise sin dal 2001 con la legge 433). Certamente la pandemia, l’incremento dei prezzi delle materie prime e infine la guerra in Ucraina non hanno aiutato, ma c’è pur sempre un limite alle giustificazioni che si possono legittimamente accampare. Dal “tagliando” al quale saremo sottoposti da parte dell’Unione Europea, emergerà certamente la nostra inadempienza per “incapacità nell’attivazione della spesa”. Molto probabilmente il Governo sarà costretto a richiedere, all’italiana, la solita proroga. D’altro canto, il confronto Stato-Regioni fornirà l’occasione per chiarire cosa ne è stato dei 182 MLD destinati per lo Stato di avanzamento lavori (SAL). La stessa Ance è costretta a segnalare che il 72% dei progetti territoriali non è stato aggiornato rispetto agli incrementi dei prezzi; l’80% non ha un progetto esecutivo che consente di aprire un cantiere; il 66% ha solo il progetto di fattibilità. I progetti dell’Ance sono 596 per un valore di 1,2 miliardi di euro. Delle due l’una: o tali segnalazioni vengono apertamente smentite, oppure il Presidente Draghi dovrà chiedere ai responsabili di questi incresciosi ritardi le ragioni di un così evidente fallimento. Come altro giudicare, se non fallimentare, l’operato di una squadra di governo che in 14 mesi ha solo saputo dare rilevanza pre-progettuale anziché attivare concretamente la spesa? Gli annunci roboanti si susseguono ogni giorno ma i dati, almeno secondo quanto riportato dall’Ance, raccontano tutt’altra storia. Ciò di cui il Paese e le imprese sentono la necessità non sono le réclame, sono fatti concreti che intervengano su elementi essenziali ed urgenti. È inutile che da parte dei media, sempre più attenti a non disturbare i manovratori, si dia ampio risalto alla mobilità sostenibile e dolce, alla destinazione di risorse per realizzare le corsie preferenziali, all’incentivazione di nuove fonti energetiche se poi si finisce puntualmente vittima delle lungaggini imposte dai sostenitori della politica dei no. Se il Nimby continuerà ancora a farla da padrone, non andremo molto lontano! Oggi i nostri ministri girano il mondo per cercare di fronteggiare la crisi energetica che inevitabilmente ci colpirà ma, di fatto, non si riesce a sbloccare una politica che attui delle soluzioni alternative come ad esempio: l’avvio del nucleare, delle trivellazioni, dei termo valorizzatori, delle centrali a carbone e delle Infrastrutture (basta l’esempio del Ponte sullo Stretto?). Parliamo invece di auto elettriche o a idrogeno e di tante altre innovazioni futuribili, certamente utili, ma incapaci di rispondere ai nostri problemi di oggi. L’estate è ormai alle porte e il problema di come far funzionare i condizionatori già ci incalza. Tra pochi mesi tornerà l’inverno e con esso il problema del riscaldamento e delle fonti che lo producono. “Dum Romae consulitur Saguntum expugnatur”. Signori dell’Esecutivo non sarà il caso di scendere nel concreto? Smettiamola di propugnare iniziative che finiranno per danneggiare ciò che già esiste, senza creare alternative; smettiamola di lambiccarci intorno a progetti lodevolissimi ma che forse avranno effetti tangibili tra dieci/quindici anni. Già qualcuno comincia a lanciare degli allarmi circa il mancato rispetto del principio di neutralità tecnologica in ambito energetico. Qualche costruttore ha invece iniziato ad evidenziare le problematiche che dovremo affrontare se ci ostineremo a incoraggiare solo la diffusione dell’auto elettrica, ignorando le conseguenze economiche, sociali ed ambientali di tale scelta. Già, perché mentre monta l’entusiasmo per la mobilità “green”, si tace sul grande problema dello smaltimento delle
batterie e, soprattutto, si tace sul rischio di instaurare una pericolosa dipendenza dai produttori di litio, tra i quali notoriamente non si annoverano Paesi europei. 

 

Paolo Uggé

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