Ruote d’Italia: “la politica dei divieti limita le libertà costituzionali”

Ruote d’Italia: “la politica dei divieti limita le libertà costituzionali”

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19 maggio 2021

Sembra che anche i più riottosi si stiano convincendo e, manco fossero sovrani benevoli nei confronti del popolo, lasciano intravvedere che lentamente si procederà alle riaperture. Come sono buoni! Ma davvero pensano che i turisti corrano il rischio di prenotare in un paese dove esiste la possibilità del coprifuoco in mano ad uno che fa delle limitazioni delle libertà individuali e costituzionali il proprio vangelo? Ma davvero immaginano che gli italiani condividano come il tutto sia stato gestito?

Gli operatori del mondo dei servizi, i ristoratori, gli operatori turistici, i gestori delle attività sportive, della logistica, e delle imprese in generale, quanto dovranno faticare ed attendere ancora per recuperare quanto le decisioni ideologico sanitarie, hanno fatto subire loro? Tranquilli che non dimenticheranno!

Anche i più benevoli stanno giungendo alle conclusioni che i principi intorno ai quali costruire la vita sociale ed economica di una nazione siano sempre meno quelli che la Costituzione prevede. Sembra, invece siano più riconducibili al titolo di una famosa canzone degli anni 70/80. Parole, parole, parole…

Ormai è riconosciuto da tutti il principio quanto per una economia sia essenziale puntare all’accessibilità come elemento in grado di incrementare competitività di un Paese. Lo studio che Confcommercio ha aggiornato, assumendo a base i dati 2019, evidenzia che l’Italia se avesse il livello di accessibilità della Germania, circa il 17% superiore al nostro, otterrebbe un beneficio di 90 MLD/annuo di euro circa.

Naturalmente gli elementi indispensabili per ottenere il livello di accessibilità sono una politica logistica che abbia come elementi fondanti le connessioni e una visione adeguata della mobilità.

Un Paese come il nostro che è racchiuso tra le bellissime Alpi ed i tre mari che lo circondano deve puntare per prima cosa a realizzare porti di accoglienza funzionali, oltre a rendere permeabili gli attraversamenti dell’arco alpino. Su questi punti realizzare una politica logistica e delle infrastrutture adeguata.

Purtroppo dobbiamo constatare come la nostra classe politica sia stata in genere poco attenta nel garantire tali obiettivi. Svizzera ed Austria non si può certo dire abbiano mostrato una adeguata sensibilità al tema di favorire, pur nel rispetto del principio della sostenibilità, una circolazione fluida tra i paesi europei. La Svizzera ha puntato più a monetizzare il transito sul proprio suolo attraverso la ferrovia e si è posta come Hub centrale ferroviario europeo. L’Austria invece ha scelto di generare ostacoli al transito di merci su strada. Ma mentre il primo Paese non è parte della Unione Europea, l’Austria, per poter ottenere il via libera all’ingresso nell’area UE, ha sottoscritto la condivisione del principio della libera circolazione delle merci, accettando l’obbligo di rinunciare agli ecopunti.

Sono anni che l’Austria in particolare attua una politica di contenimento penalizzante solo per il trasporto pesante ma per l’intero sistema produttivo italiano. Le scusanti addotte la qualità dell’aria e la possibilità di far ricorso al trasporto su ferro si commentano da sole. Le autovetture dei turisti non emanano inquinanti? E la saturazione oraria, unita alle pendenze del 26% esistente sulla linea ferroviaria, assicura la rapidità dei collegamenti? La competitività ormai vede nella componente tempo l’elemento essenziale. Ed il governo austriaco la sa bene. Chi sembra non comprenderlo è il governo italiano.

Gli interventi effettuati presso la Comunità europea sono stati numerosi. In taluni casi il governo austriaco (il sistema degli eco punti venne eliminato in sede europea) uscì perdente dal contenzioso creatosi ma ora si sta prendendo la rivincita e le limitazioni introdotte sono fortemente penalizzanti per il sistema Italia. Pensare di rilanciare l’economia dopo la fase pandemica mantenendo queste limitazioni è illusorio; così come limitarsi a chiedere l’intervento delle Autorità comunitarie. Non si otterrà nulla. Ciò che serve è la reciprocità nei trattamenti. In Austria i veicoli pesanti austriaci sono liberi di circolare ed addirittura sono previsti anche divieti per carichi di merce ritenuta altamente inquinante, come i carichi di legname.

Quello che appare evidente è che anche chi rappresenta il sistema produttivo nazionale e la politica che lo dovrebbe tutelare, non si impegnano in modo adeguato. Forse perché le grandi imprese hanno scelto la delocalizzazione?

Il risultato è che se non vi sarà una rapida consapevolezza da parte del governo nazionale che immagina progetti che si realizzeranno in qualche decennio ma non avvia quelle opere già pronte per essere avviate, come per il ponte sullo Stretto, e non applica seriamente il principio della reciprocità, il risultato non potrà che essere negativo per l’economia di casa nostra.

Paolo Uggè

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