Convegno a Napoli su Occupazione e Sviluppo nel Mezzogiorno: il ruolo del sistema camerale

Convegno a Napoli su Occupazione e Sviluppo nel Mezzogiorno: il ruolo del sistema camerale

L'intervento di Billé

Si è svolto oggi, 3 maggio '99, a Napoli, presso la sede dell'Unioncamere Campania, il convegno intitolato "Occupazione e sviluppo nel Mezzogiorno: il ruolo del sistema camerale".
Un importante momento di riflessione e di dibattito con l' obiettivo di rafforzare la collaborazione istituzionale tra il sistema camerale ed i competenti livelli politici ed amministrativi regionali, nazionali e comunitari, essenziale per lo sviluppo economico del Mezzogiorno.
Durante i lavori della mattinata, con il titolo "Le nuove politiche per lo sviluppo e l'occupazione", presieduti dal Presidente della Camera di commercio di Napoli, Lucio Barone Lumaga, Sergio Billè, presidente di Confcommercio, ha tenuto il suo intervento incentrato sulla attuale situazione della regione campana.
Un quadro fatto di luci ed ombre, ha detto Billè, che accanto all'accertamento di una serie di dati negativi consente di nutrire qualche spiraglio di speranza.
Balza subito agli occhi quello che riguarda la caduta degli investimenti iniziata dal 1990 ed arrestatasi solo nel '97, anche se nell'anno successivo i segnali di ripresa sono stati assai deboli.
La situazione non migliora sul fronte occupazionale. Infatti mentre al Nord e soprattutto al Nord est, i tassi di disoccupazione sono inferiori alla media europea, al Sud si è andati dal 21,7% del '96 al 22,4% nel '98 ed ora al 23,6%.
Quanto poi alla disoccupazione giovanile al Sud si registra un drammatico 56% nel '96, un 55,9% nell'anno successivo, un 57,3% nel '98 per arrivare all'attuale 59,1%.
Dati allarmanti ma che sono fin troppo abusati durante conferenze e dibattiti ma, infine, "rimossi" quando si tratta di adottare soluzioni operative. E ciò perché, appunto, mancano soluzioni, idee e strategie d'intervento.
Billè ha, quindi, denunciato una serie di gap che perpetuano questa tattica di rimozione, a cominciare dalle losche logiche in cui operano alcune strutture napoletane e campane che lucrano sul lavoro sommerso.
In questa scelta del "laissez faire", inoltre, si nascondono gli interessi di chi non vuole che il Sud "diventi un'altra cosa", di chi teme l'arrivo di investitori e di strutture industriali ed imprenditoriali che possano interrompere questo tipo di gestione dell'economia campana "di cui si vede solo ciò che affiora".
Tuttavia Billè ha indicato anche qualche spiraglio di luce nel futuro dell'economia di questa Regione.
Ha, Innanzitutto, ricordato l'alto tasso di utilizzazione dei fondi strutturali Cee: sui 28 mila 879 miliardi di lire attribuiti, in Italia, alle regioni dell'obiettivo 1 (le regioni in ritardo di sviluppo) , 5623 sono stati attribuiti alla Campania che ne ha impegnati, al 31 dicembre '98, ben l'85% cioè 4783.
Inoltre la buona capacità dimostrata dalla Regione ha consentito di stornare a suo beneficio residui di bilancio non spesi da altre Regioni, come la Puglia, o dalle amministrazioni centrali.
Anche se, a questo punto, c'è da porsi un preoccupante interrogativo sul perché questi investimenti non siano serviti a farne decollare altri, siano essi pubblici che privati, specie nel campo delle infrastrutture.
Comunque, ha proseguito Billè, la nuova scommessa è ora quella di utilizzare
i fondi previsti dal piano 2000 - 2006 che prevede quasi 264 miliardi di lire. Ed è bene muoversi per tempo per formulare piani e strategie che consentano di ottimizzarne l'utilizzo.
Tuttavia, ha concluso , non solo non si può vivere di soli fondi strutturali, quel che è più preoccupante è che ancora non si toccano con mano i segni di un autentico cambio di rotta.
Per ora, soltanto buone intenzioni e dichiarazioni di disponibilità ma pochi sono i risultati. Anzi i risultati mancano del tutto nel campo delle infrastrutture, come scarseggiano gli investimenti imprenditoriali nell'area della società dei servizi. Si aggiunga che la pubblica amministrazione non realizza quelle necessarie sinergie con le imprese che, altrove, sono una importante leva di sviluppo economico.
Quanti anni dovranno ancora trascorrere, si è chiesto Billè, prima che questi nodi possano finalmente essere dipanati?

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