Convegno sulla riforma del commercio

Convegno sulla riforma del commercio

Intervento del ministro Bersani

A conclusione dei lavori del Convegno il Ministro dell'Industria e Commercio, on. Pierluigi Bersani, ha illustrato le posizioni del Governo ed ha risposto ai quesiti e alle richieste di chiarimento emerse nell'ampio ed articolato dibattito.
Di seguito si pubblica la sintesi del discorso del Ministro Bersani.

"I ragionamenti che si possono fare su questa riforma non devono andare a ritroso, guardando all'indietro, ma devono guardare al futuro, senza considerare chi ha votato contro e chi a favore. L'impegno di tutti dovrà portare la riforma al miglior esito possibile, vedendo, via via, di correggere i difetti, se ci sono, e sfruttare le eventuali potenzialità.
Di questa riforma, nel futuro si dirà, probabilmente che c'è stata una fase, particolarmente cruda negli anni '90, ma con dei segnali forti già negli anni '80, durante la quale si è avviato un processo impetuoso e non regolato di riorganizzazione del sistema.
Si dirà anche che dall'81 al '92 sono usciti 64.000 esercizi, e dal '92 al '96 250.000, in una situazione nella quale, a fronte di questa selvaggia riorganizzazione, si è registrato l'irrompere della grande distribuzione, in modi ed in forme tali da non consentire piani imprenditoriali di livello adeguato, né omogeneità nelle regole e negli assetti di questa distribuzione, determinando una forte incertezza nelle scelte da parte degli attori.
Ora, tutto questo è avvenuto all'epoca del regime amministrato, concepito per difendere, e che, ad un certo punto, di fronte a questa riorganizzazione, si è dimostrato inadeguato sia a difendere sia a promuovere la modernizzazione.
Per questo tutti erano convenuti, ad un certo punto, sul fatto che bisognava cambiare il sistema; sono seguiti allora anni di discussione che hanno portato a un decreto che oggi cerca di far tesoro di quelle discussioni adottando scelte anche un po' inaspettate.
Oggi dobbiamo tenere presente tutto ciò per dire che, qualsiasi siano le nostre opinioni, si sta lavorando per giocare una nuova carta in questo settore, non contro questo settore, per fargli giocare un ruolo nella modernizzazione e per metterlo al centro del dibattito nel nostro Paese.
Con questa riforma siamo intervenuti su quel processo strutturale di valorizzazione/svalorizzazione del commercio caratterizzato dall'uscita di 250.000 aziende e dal fatto che i Comuni erano pieni di licenze che la gente aveva riconsegnato.
Questa è l'esperienza comune. E possiamo affermare che quel processo strutturale non si è ancora esaurito completamente, ma si è solo attenuato. Per cui il nostro intervento avviene mentre quel processo ha ancora dei dinamismi in atto e siamo, forse, in tempo per apportare le necessarie correzioni.
Tutti sanno che il peso del commercio in Italia sul PIL (15,3) è diverso dal peso che c'è in Gran Bretagna (12,8) o in Francia (12,2).
Ma l'intenzione della riforma è quella di fare una riforma italiana, non una riforma destinata a scatenare conseguenze che, come abbiamo visto in altri Paesi, non sono certamente desiderabili per un Paese come il nostro.
Abbiamo esigenze di modernizzazione del nostro sistema, alle quali devono partecipare i grandi, i medi e i piccoli.
In Europa c'è poco da fare e noi siamo un grande Paese che deve trovare un equilibrio ed una possibilità di modernizzazione fra i soggetti del sistema. Per questo abbiamo fatto, in sostanza, una specie di scambio nel quale abbiamo detto: sleghiamo le mani al piccolo che, in questo momento, non è in grado di competere e cerchiamo di spingere verso lo sviluppo delle capacità imprenditoriali che, in modo diffuso, il sistema italiano e i commercianti italiani possiedono; ma cerchiamo anche di dare un maggiore e un più ordinato riferimento a scelte di media o grande dimensione, che devono essere ben indirizzate nell'ambito di un governo tarato sull'impatto territoriale in modo precipuo.
Abbiamo fatto anche un'operazione di semplificazione vera, cancellando piuttosto che riformulando i meccanismi amministrativi e andando alla ricerca di meccanismi che ci facessero superare rapidamente tutta una serie di carte.
Oggi, nella fase transitoria, il Ministero fa il suo lavoro ma domani si occuperà di regia generale, e sarà il territorio a regolare il commercio. Un obiettivo questo che sarà raggiunto facendo maturare, laddove non c'è, questa consapevolezza, superando le iniziali difficoltà con l'impegno di far crescere, a livello decentrato, regionale e locale, una forte cultura su questo tema e una forte capacità amministrativa e di governo.
Ora, a fase di attuazione già iniziata, posso dire che il problema non è tanto il "Far West", quanto l'inerzia. In Italia molti anni di abitudine all'antico sistema, una diffusa reticenza ad orientarsi nel nuovo e comportamenti un po' conservativi, hanno determinato un atteggiamento di attesa e di diffidenza da parte dei commercianti.
Allora, cosa fare ad aprile, quando alcune cose cominceranno a muoversi?
Credo che bisognerà uscire da queste posizioni di "difesa" perché a quella data cadrà il mondo. Bisogna incoraggiare un po' i dinamismi e cercare di non spargere elementi che possano suscitare riflessi difensivi perché se ci sarà davvero un "Far West" avremo comunque la possibilità di intervenire.
E' chiaro che questa riforma ha ancora bisogno di una promozione, di una lettura più attenta da parte del commercio e di un maggiore dialogo con il commercio.
C'è poi il tema dei centri storici, della territorializzazione, il problema dei centri di montagna, ecc., temi delicatissimi della riforma perché qui si gioca un pezzo di quel profilo italiano della riforma al quale siamo assolutamente affezionati.
Allora, anche se sarà affrontato più in là nel dialogo con le Regioni, intanto è opportuno che su questi aspetti in particolare le Regioni pongano un'attenzione prioritaria perché il percorso principale rimane la concertazione tra Regioni e Comuni con la possibilità di intervenire anche con atti a stralcio e atti amministrativi.
Un altro elemento che dobbiamo affrontare in questa riforma, infatti, è proprio il concetto di intervento sostitutivo che ho sempre considerato un pilastro del concetto di autonomia.
Nella proposta di Chiti, per esempio, si propone di usare anche pre-decisioni delle Regioni come eventuale materiale: una suggestione che si tratta di valutare tecnicamente.
Però, detto questo, io credo che, in questi due mesi, dobbiamo cercare di sospingere il sistema regionale e incoraggiarlo a prendere decisioni opportune nella speranza che gli interventi regionali abbiano la capacità di supportare e promuovere le novità presenti nel decreto e che non si limitino a produrre interpretazioni troppo restrittive. Naturalmente io ritengo che i tavoli regionali e locali funzionino, e che ci sia un confronto con le associazioni.
Per quel che riguarda noi del Governo, credo di poter dire che, quando saremo a quella data, alcuni strumenti previsti nella fase di transizione saranno operanti. Adesso dobbiamo impegnarci a costruire una solida e permanente condizione che vada a favore dell'innovazione dell'impresa commerciale, così come abbiamo già fatto in tanti altri campi.
In aprile riprenderà l'attuazione della 449 con le modifiche che abbiamo introdotto: nella legge c'è un elemento di automatismo, di novità, nel frattempo stiamo cercando di chiudere vecchie partite. Con la 517 siamo ancora alle bilance: chiediamo scusa per il ritardo, ma testardamente confermiamo il nostro impegno perché uno Stato non può perdere la faccia.
A proposito sempre della 449 avremo presto un regolamento anche sui consorzi fidi, regolamento che andrà al Consiglio di Stato.
Quanto alla questione del bonus per gli esercizi che chiudono, si è data una interpretazione che contiene qualche elemento di debolezza. Comunque la nostra preoccupazione era quella di rivolgerci a quei commercianti che portavano le licenze in Comune senza dire "buongiorno e buonasera".
Dobbiamo , comunque, privilegiare gli interventi e finalizzare le risorse verso l'innovazione.
Penso, inoltre, che con l'avvio della riforma avremo anche nuove regole per il sottocosto.
Nessuno può, in buona fede, dire che su un tema del genere esista una ricetta sicura: siamo quasi alle soglie di una missione impossibile e quando si mettono le mani su questi meccanismi, le complicazioni, le indicazioni e le controindicazioni sono infinite.
Però la nostra bussola , la bussola che deve guidarci, è rappresentata dal consumatore.
Fra l'altro, adesso, siamo anche in presenza di organismi legittimamente istituiti, a proposito della tutela del consumatore e cercheremo di avvalercene.
Abbiamo, a questo proposito, la fortuna di avere uno strumento regolamentare di tipo ministeriale, quindi, in questo caso, possiamo avviare con facilità una prima normativa sperimentale, vederne gli effetti e individuare poi le eventuali correzioni.
Penso che usciremo con queste norme, comunque, in tempi utili e, credo, per la partenza della riforma che avverrà, credo, con un andamento dei consumi che, senza essere impetuoso, comunque potrà rafforzare qualche nota positiva che abbiamo già registrato negli ultimi tre mesi di quest'anno.
Riassumendo, io penso che dobbiamo tenere ferma la data di avvio della riforma, dobbiamo mantenere i tavoli con le Regioni e gli enti locali e dobbiamo promuovere atti, anche a stralcio, per affrontare i punti più caldi.
Dobbiamo ragionare assieme, laddove necessario, per realizzare interventi sostitutivi, fatti in dialogo con i sistemi regionali e dobbiamo vedere assieme quali, nel contenuto, possano essere questi atti. Dobbiamo anche realizzare interventi di natura amministrativa, laddove è possibile e necessario, e monitorare la situazione se ci fossero rilevanti esigenze di carattere normativo.
Concordo con quanto diceva, prima, Buttiglione e cioè che nel dialogo con le Regioni, gli interventi di qualificazione e di formazione, le quote crescenti del monte intervento sulla formazione imprenditoriale, ecc., vengano dedicate al settore del commercio, in questo momento nella fase più impegnativa della sua trasformazione.
E' inoltre necessario che vengano assicurati i servizi, la qualificazione e l'assistenza in un rapporto molto diretto con le associazioni.
Ed infine, se riusciamo a venir fuori dalla fase di avvio della riforma, dobbiamo entrare in quella di una sua promozione per vedere di ricavarne il meglio. Perché se il Paese si modernizza alla fine ci si guadagna un po' tutti, ed un Paese non può essere modernizzato a pezzi.
Un buon risultato della riforma del commercio, secondo me, potrebbe essere un forte incoraggiamento a procedere con iniziative riformatrici anche in altri campi che ne hanno altrettanto bisogno.
Oggi entriamo in una fase certamente delicata, però, ripeto ancora una volta, non mi aspetto turbative grosse e, se ci fossero, siamo qui per vedere come affrontarle assieme".

 

 

 

 

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