Dopo la grande mela, la grande arancia. Ma per farne cosa?

Dopo la grande mela, la grande arancia. Ma per farne cosa?

Se nulla andrà storto, entro il primo semestre 2004 l'Europa diventerà un'arancia composta da venticinque spicchi, dieci in più di quelli attuali. Le new entry, salvo Malta e Cipro, sono tutte targate Est e si tratta di mercati che da tempo, da quando...

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17 aprile 2003
Il punto quotidiano

…è caduto il muro di Berlino ed è crollata la grande Urss, ambiscono di entrare nel business europeo perché questo permetterà loro anche di affacciarsi, in qualche modo, al business mondiale.Insieme con l’Estonia, la Lituania e la Lettonia, paesi-mini   ma popolati da gente tosta perché abituata da secoli a vedersela con i russi sotto casa, arrivano vecchie conoscenze come la Polonia e l’Ungheria il cui “flirt” con l’economia dell’occidente è iniziato già da tempo. E poi gli astuti sloveni (hanno raddoppiato il loro reddito in pochi anni) e, infine, cechi e slovacchi, oggi fratelli separati di un paese che, in tempi passati, è stato tra i maggiori produttori di armi nel mondo. I progetti sono tanti e assai ambiziosi con qualche equivoco di fondo. I paesi della vecchia Europa, infatti, puntano a trasferire molte delle loro industrie in queste nuove aree per poter produrre a prezzi più contenuti in modo da diventare più competitivi su tutti i mercati, ma i nuovi soci hanno intenzione di vendere cara la pelle: venite pure a produrre da noi, dicono, ma vi illudete se pensate che accetteremo salari di fame. Forse lo potremo fare per qualche anno, ma poi si dovrà arrivare al livellamento anche dei redditi. Per ora questo contrasto, proprio perché ancora immerso nel calderone dei cerimoniali preliminari, non è ancora venuto alla luce, ma tutto lascia pensare che lo sarà assai presto. Oltre al problema strettamente economico, tutto ancora da definire, c’è anche un problema politico. Prendiamo, ad esempio, la piccola Lituania, quattro milioni di abitanti, arrivata finalmente all’indipendenza dopo secoli di quasi schiavitù. Pensare che essa accetterà, senza battere ciglio, tutte le decisioni che, anche a suo nome, verranno prese dai vertici di Bruxelles potrebbe essere solo una pia illusione. Per non parlare della Polonia che, al momento delle grandi scelte programmatiche, vorrà far contare anche i suoi diritti di primogenitura europea. Insomma sta per aprirsi una fase che potrebbe anche presentare aspetti incandescenti. Perché almeno tre cose fino ad ora, nel progetto di costruzione di questa grande arancia a 25 spicchi, non sono state affatto chiarite. La prima è quella di sapere quale struttura europea prenderà le decisioni operative. Sarà il consiglio o l’assemblea? E le decisioni, per poter diventare operative, potranno essere prese a maggioranza o dovranno avere, invece, l’avallo di tutti i 25 membri? La seconda riguarda i fondi strutturali. I 15 hanno promesso ai nuovi soci congrui sostegni finanziari. E non poteva essere altrimenti perché, senza questi aiuti, sarebbe assai difficile un ancoraggio di paesi come la Polonia o l’Ungheria agli standard europei. Ma ciò significa che tutti o quasi tutti i fondi strutturali che fino ad oggi venivano destinati alle aree depresse della vecchia Europa verranno dirottati sui paesi dell’Est. Il che non piace affatto né all’Italia (che ha sulle spalle un Mezzogiorno ancora economicamente assai traballante) né alla Spagna né al Portogallo, paesi che hanno problemi assai simili ai nostri. Quindi, quando verrà il momento di decidere quantità e destinazione dei fondi, ci sarà sicuramente baruffa. Del resto, le avvisaglie ci sono già. La terza: la liberalizzazione delle frontiere e la conseguente libera circolazione dei capitali e delle merci sono sicuramente i punti di forza dell’Unione europea. Essa però oggi si trova di fronte a paesi che, essendo stati a lungo al di là del muro di Berlino e avendo subito poi tutti gli effetti traumatici del crollo dell’impero sovietico, devono fare i conti con economie che solo in parte scorrono in superficie. Basti pensare alla presenza, in queste aree, di grandi organizzazioni criminali o para-criminali e al ruolo che esse svolgono oggi, ad esempio, per quanto riguarda il riciclaggio del denaro sporco. E’ vero che l’Ue ha intenzione di imporre anche a questi paesi direttive assai rigide al riguardo, ma non sarà certo facile venire a capo di questo problema.L'Ue non c'è ancora riuscita con paesi come l’Austria le cui banche sono oggi la gran cassaforte della mafia russa, figuriamoci se ci riuscirà, nel breve periodo, con paesi che, fino ad ieri, per quanto riguarda i mercati finanziari, venivano regolamentati in modo assai oscuro.

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