Il PNRR e il mezzogiorno che verrà
Il PNRR e il mezzogiorno che verrà
Bari (Fiera del Levante), 24 maggio 2022
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Crescita Nord vs Sud
Guardando al tasso di variazione del Pil 1996-2019 delle macro-ripartizioni Nord e Sud, lo scarto è di quasi 17 punti percentuali. Ma da cosa dipende questo scarto? Da tre fattori, che sono anche le componenti del Pil stesso: produttività del lavoro (che varia di quasi il 10% al Nord contro il 6,2% nel Mezzogiorno), il tasso di occupazione (+0,3% al Nord e -0,8% al Sud) e, infine, la stessa popolazione. E la maggior parte dell’accumulato ritardo del nostro Sud è proprio la questione demografica: il Nord cresce del 9,3% come abitanti, quelli del Sud scendono del 2%.
È dunque evidente che gli aspetti più problematici riguardano il tasso di occupazione e, quantitativamente, la questione demografica: o si aggiustano questi trend demografici o qualsiasi intervento risulterà inefficace.
La questione demografica
Dal 2007 a oggi sono scomparse dal Sud 800mila persone; anche il Nord presenta oggi qualche problema, molto meno accentuato, sul piano dei flussi interni: fino agli anni ‘90 l’emigrazione da Sud a Nord allargava la base produttiva delle Regioni italiane più ricche e produttive, oggi dal Nord stesso si emigra verso altri Paesi. L’investimento in istruzione, piccolo o grande che sia, sui giovani italiani, soprattutto meridionali, contribuisce prospetticamente a incrementare il Pil di altre nazioni.
Per quanto riguarda il tasso medio di occupazione delle donne, esiste un Sud del Sud: a livello di occupazione generale e femminile, se il Centro-Nord si avvicina al resto d’Europa, il Sud ne resta troppo lontano, soprattutto nella componente femminile. E se il Sud è lontano, la Calabria, solo per fare un esempio di eterogeneità delle performance del mercato del lavoro anche all’interno del nostro Meridione, è ancora più distante.
Investimenti e investimenti pubblici
Analizzando la produttività del lavoro, fatti pari a 100 i valori del 1995 degli investimenti complessivi in termini reali per unità standard di lavoro, è evidente che le condizioni del Mezzogiorno si siano deteriorate tanto in assoluto quanto in termini relativi, e questo è quello che spiega maggiormente i divari nella dinamica della produttività. Molto più semplicemente: al Nord gli investimenti per occupato sono sopra i livelli di metà degli anni ’90, al Sud sono sotto di oltre il 6%.
Per quanto riguarda la parte pubblica degli investimenti, è normale che al Sud siano minori perché il Centro-Nord pesa di più, sia in termini di popolazione sia in termini di occupati. Ma il problema è che dal 2016 in poi, alla ripresa dell’investimento pubblico nel Centro-Nord, non è corrisposto un analogo trend nel Sud.
Possiamo immaginare che gli investimenti pubblici tendano a ridurre i difetti strutturali di un territorio, aumentandone la produttività. Pertanto, se il rendimento dei fattori aumenta, aumenta anche la convenienza a investire da parte dei privati. E’ questo il senso principale nello sviluppare gli investimenti pubblici al Sud: ridurre i difetti strutturali per attrarre investimenti privati e rivitalizzare i circuiti socio-produttivi.
Il ruolo del turismo
Focalizzando l’attenzione sul turismo, analizziamo i numeri ufficiali sul rapporto tra spesa dei turisti stranieri nei territori e consumi complessivi nelle regioni. Ovviamente il confronto tra il 2019 e il 2021 risente degli effetti della pandemia: ci riprenderemo senz’altro, sta già accadendo anche se siamo molto lontani ancora dai livelli pre-crisi e mancano i turisti stranieri. Ciò che conta è sempre e comunque il confronto Nord-Sud: quest’ultimo ha un rapporto che sta sotto della metà rispetto alle altre aree del Paese, considerando un anno normale come il 2019 ai valori del quale senz’altro torneremo. Ma i numeri dicono che c’è tantissimo potenziale da sfruttare e se con il PNRR si riuscirà ad aggiustare qualche variabile di contesto, magari tra qualche anno avremo sorprese positive proprio in termini di benessere economico, elevato e diffuso.
Quindi, oggi la sfida è quella di accompagnare il turismo straniero nel Mezzogiorno a tornare, non al 2,3% dei consumi sul territorio come nel 2019, ma di avvicinarsi al resto del Paese, che ai valori pre-pandemici certamente tornerà. E ci tornerà presumibilmente più forte di prima perché, allargando il ragionamento al totale Italia, dopo un decennio in cui abbiamo naturalmente subito la concorrenza di altre grandi aree planetarie che competono con l’Italia nell’attrarre turisti, dal 2010 la spesa dei turisti stranieri confrontata con 100 euro di spesa degli italiani in Italia passava da 3 euro a 4,3 euro. Cioè stavamo crescendo molto bene poi è arrivata la pandemia e poi abbiamo ricominciato a crescere. Insomma, bisogna fare in modo che il Sud recuperi su questa filiera meglio e di più rispetto ai livelli pre-crisi. E questo è possibile con l’aiuto, appunto, del PNRR.
Fattori di contesto
La produttività dei fattori e quella sistemica dipendono dal contesto in cui si opera. Confrontando le regioni italiane sulla base di alcuni indicatori (sintesi di una ventina di indicatori), come l’accessibilità trasportistica e delle telecomunicazioni, gli altri servizi (es. gestione del ciclo dei rifiuti, acqua potabile e rete elettrica) e la qualità del capitale umano e del capitale sociale (istruzione, partecipazione alle elezioni, occupati nel terzo settore), emerge che le regioni del Nord sono sempre meglio posizionate in tutti gli indicatori, mentre le regioni meridionali sono sempre svantaggiate.
In generale, le politiche per il riequilibrio territoriale dovrebbero passare da un piano di riduzione dei difetti strutturali del Mezzogiorno: controllo del territorio e contrasto alla micro-illegalità, digitalizzazione e innovazione nel rapporto burocratico tra cittadini e controparte istituzionale, investimento nell’istruzione di ogni ordine e grado, con ampio intervento su formazione e trasformazione continua delle abilità e delle competenze e, soprattutto, riduzione dei gap infrastrutturali di accessibilità - dai trasporti alla banda larga - che non permettono un’adeguata connessione socio-produttiva del Sud col resto del Paese e, soprattutto, con l’Europa. Anche qui, il PNRR può essere il Piano che ci serve, se lo sapremo realizzare.
PIL 2022
L’avvento di una nuova era per il nostro Mezzogiorno, ancora non è visibile dai dati e dalle stime più recenti riferite all’anno in corso ed è logico che sia così: se interpretiamo correttamente il PNRR, il processo di riforma, sostenuto dagli investimenti, anche e soprattutto nel nostro Sud, richiede tempo e impegno; ma non abbiamo motivo di dubitare che, se il contesto internazionale lo consentirà, presto ne vedremo i frutti. Per adesso, il Sud cresce più o meno come il resto del paese, al di là di oscillazioni ereditate dal passato, per esempio in relazione al fatto che la pandemia ha colpito un po’ meno e un po’ dopo il nostro Mezzogiorno. Per l’anno in corso prevediamo un moderato scarto positivo nella crescita del Pil meridionale rispetto al resto del Paese, ma non è certo con una manciata di decimali, per di più confinata a un singolo anno, che i divari tenderanno a chiudersi.
Il Sud potrà recuperare un bel pezzo del terreno perso grazie al PNRR e il PNRR potrà restituire all’Italia smalto economico e sociale attraverso la crescita del prodotto potenziale, se e solo se il Sud tornerà a funzionare a pieni giri. Le due cose sono inscindibili.