Il dossier Confcommercio su terrorismo e criminalità in Italia
Il dossier Confcommercio su terrorismo e criminalità in Italia
I "NUMERI" DEL DOSSIER
· Il 72% degli italiani è convinto che la criminalità è in aumento e si sta espandendo anche in settori nuovi
· Il 60% degli intervistati è preoccupato per l'infiltrazione della criminalità in settori importanti della nostra economia
· Il 40% degli operatori commerciali sono stati vittime, almeno 1 volta, di racket e usura
· L'80% degli operatori commerciali è cosciente della sempre maggiore diffusione di questi fenomeni (racket e usura)
· E' di oltre 45mila miliardi il giro d'affari di usura e racket
· Il 70% ritiene insufficiente l'azione di contrasto per combattere la penetrazione nel tessuto economico delle grandi organizzazioni criminali
· L'80% degli intervistati ritiene insufficiente la lotta all'immigrazione clandestina
· Per il 71% sono i programmi televisivi di maggior ascolto a istigare alla violenza o addirittura al crimine
· L'80% degli operatori commerciali ritiene indispensabile misure e incentivi statali all'acquisto di sistemi e strumenti di sicurezza
· Oltre 300mila miliardi di lire il giro d'affari complessivo delle organizzazioni criminali operanti in Italia. Valore pari al 15% del nostro Pil
La criminalità di strada aumenta…
· Per il 27% degli intervistati a causa del dissesto delle aree metropolitane
· Per il 21% a causa di una presenza sempre maggiore di immigrati clandestini
· Il 20% per una mancata o insufficiente opera di prevenzione e sorveglianza da parte delle strutture preposte
Guerra al riciclaggio
· L'80-85% del denaro sporco sfugge ai controlli
· Almeno il 90% delle operazioni della criminalità organizzata (acquisto di negozi, immobili, strutture turistiche, ecc.) passa inosservata
Sotto il controllo delle organizzazioni criminali è:
· almeno il 20% delle strutture commerciali e del settore dei servizi
· il 15% delle imprese manifatturiere
Commercio: le categorie più a rischio in Italia
Settore | N° esercizi (anno 2000) |
Tabaccherie1 | 58.000 |
Distributori carburanti2 | 23.744 |
Gioiellerie3 | 24.725 |
Fonte: 1) FIT (federazione Italiana Tabaccai); 2) Ministero Industria; 3) Orafi dettaglianti, Pubblica Sicurezza, Ministero dell'Interno, Agenzia per le entrate
Furti e rapine
Delitti | 1999 | 2000 | I° trim. 2001 |
Furti in negozio | 90.233 | 84.222 | 21.274 |
Rapine in gioielleria | 272 | 259 | 51 |
| | | |
Tot. furti Italia | 1.480.637 | 1.367.216 | 320.098 |
Tot. rapine Italia | 39.397 | 37.726 | 9.414 |
Fonte: Ministero dell'Interno
PREMESSA
Prima che, per gli attacchi terroristici dell'11 settembre, prendesse corpo, su scala mondiale, il drammatico problema del terrorismo, l'Italia viveva già da tempo un'altra emergenza.
Questa emergenza si chiama criminalità, un fenomeno che è cresciuto, in questi ultimi anni, assumendo dimensioni e latitudini sempre più preoccupanti.
I risultati di questo dossier, elaborato sulla base di un sondaggio realizzato da CIRM per conto di Confcommercio (su un campione nazionale composto da 906 cittadini di età superiore ai 18 anni ed appartenenti ad ogni ceto e tipo di professione) e su altre fonti (Ministero dell'Interno, Pubblica sicurezza, Associazioni di categoria), confermano la gravità di un fenomeno che, del resto, l'ultimo rapporto presentato al Parlamento dal ministero dell'Interno per l'anno 2000 aveva già ben evidenziato in tutti i suoi molteplici aspetti.
"COMBATTIAMO IL TERRORISMO MA NON DIMENTICHIAMOCI DEL RACKET"
Infatti, 7 italiani su 10, il 72% degli intervistati, si dichiarano convinti che la criminalità non solo è in aumento ma sta invadendo anche aree e settori del paese che, fino a qualche tempo fa, risultavano ancora estranei al fenomeno criminale. Inoltre, 6 italiani su 10 si dichiarano assai preoccupati per il fatto che la criminalità opera ormai per impadronirsi o per mettere sotto il suo controllo fette importanti della nostra economia: strutture commerciali, aziende manifatturiere, centri di attività finanziaria. Quattro operatori commerciali su dieci, hanno dichiarato di essere stati, almeno una volta diretto bersaglio del racket e dell'usura e 8 su 10 sono comunque coscienti della sempre più estesa diffusione di questi fenomeni criminali sempre più intrecciati tra loro.
ALLARME CRESCENTE PER LA CRIMINALITA' DI STRADA
Nel contempo cresce la preoccupazione per il fenomeno della criminalità di strada che si va espandendo per una serie di concause che il campione di cittadini intervistato da CIRM ha cercato di mettere a fuoco. Secondo il 27% degli intervistati la causa maggiore per l'aggravarsi di questo fenomeno è da ricercare nel dissesto delle aree metropolitane, il 21% nella presenza sul territorio di un sempre maggiore numero di immigrati clandestini, il 20% nella mancanza o insufficiente opera di prevenzione e di sorveglianza da parte delle strutture che operano per il controllo del territorio.
Infine, 7 intervistati su 10 denunciano l'insufficienza delle azioni di contrasto per combattere la penetrazione delle grandi organizzazioni criminali in tutto il nostro tessuto economico. Ed è quest'ultimo fenomeno il più preoccupante di tutti.
"TERRORISMO E CRIMINALITA' VANNO COMBATTUTI INSIEME E ALLO STESSO LIVELLO"
Confcommercio ovviamente concorda sulla necessità di dare oggi priorità al potenziamento di strutture e di dispositivi che consentano di fronteggiare con maggiore efficacia eventuali attacchi, su ogni parte del territorio nazionale, di matrice terroristica, ma esprime il timore che questa nuova e grave emergenza possa distogliere, come già accaduto durante gli anni di piombo, forze e soprattutto strutture investigative dalla lotta alle grandi organizzazioni criminali che operano attualmente in Italia e le cui capacità di infiltrazione nel tessuto finanziario, economico e commerciale sono aumentate, in questi anni, in misura quasi esponenziale.
Non vi è dubbio che le iniziative assunte, dopo gli attentati terroristici dell’11 settembre negli Stati Uniti, dagli organismi europei e dal GAFI[1] per colpire le radici finanziarie, profonde e ramificate, che alimentano oggi il terrorismo internazionale, potranno produrre benefici, diretti e indiretti, anche sul versante della lotta al riciclaggio del denaro sporco che è la principale risorsa utilizzata dalle organizzazioni criminali per impadronirsi o controllare larghe fette del mercato italiano. Ma bisogna fare in modo che l’attenzione delle strutture investigative, oggi certamente ancora inadeguate per quantità e qualità, per poter portare a termine operazioni a 360 gradi, non venga indirizzata solo a quelle aree di beni e di mercato finanziario che sono più direttamente riconducibili a matrici terroristiche e che le grandi organizzazioni criminali che operano nel nostro paese (18 in tutto ma principalmente ‘ndrangheta, mafia, camorra, mafia russa, cecena, slava e cinese) faranno di tutto, nei prossimi mesi, per tentare di isolare e di mettere "in sonno".
"I CONTROLLI INCROCIATI VANNO FATTI A TAPPETO"
Certamente le nuove normative messe a punto a Bruxelles alla fine di settembre dai governi europei - normative che allargano il controllo a tutti i reati gravi, compreso il terrorismo, mentre fino ad ora esse tendevano a colpire solo i profitti derivanti dal mercato della droga - sono un passo avanti di indubbia importanza.
Come è da considerarsi rilevante la decisione, assunta in quella sede e che ci si augura possa venire prontamente recepita anche dal Governo italiano, di ampliare il ventaglio delle professioni sottoposte all’obbligo di informare le autorità quando ci si trova di fronte a casi sospetti. Dovrebbero avere, difatti, obbligo ora di segnalare operazioni sospette di riciclaggio, oltre le banche e gli istituti finanziari, anche i casinò, i commercialisti, i notai, i revisori contabili, i consulenti tributari, ecc.
Non si può dire, difatti, che, fino ad oggi, questi soggetti economici, a partire dallo stesso sistema bancario, abbiano collaborato attivamente con le strutture di sicurezza per l’individuazione di operazioni illecite o comunque sospette nell'ambito finanziario. Ciò è ampiamente dimostrato - come la Guardia di Finanza ha più volte denunciato - dall’esiguo numero di segnalazioni di operazioni valutarie sospette fatte dalle banche e da soggetti pubblici e privati nonostante i pressanti inviti alla collaborazione fatti, a questo scopo e in più occasioni, dalla stessa Banca d’Italia.
"LA VERA GUERRA E' CONTRO IL RICICLAGGIO"
La maggiore collaborazione attivata in ambito internazionale dopo gli atti terroristici dell’11 settembre potrebbe, a questo riguardo, produrre buoni risultati ma si tratta, come ha sottolineato un magistrato, di “un’impresa che, per produrre fatti concreti, ha bisogno che le strutture investigative e quelle che operano sul mercato finanziario, agiscano in stretta collaborazione tra loro, collaborazione che fino ad oggi è stata esigua e troppo intermittente. "Il denaro sporco, ha precisato il magistrato, cambia continuamente itinerari e viaggia sulle reti telematiche ad una velocità tale che il suo colore e la sua provenienza non sono quasi mai individuabili. Sicuramente, dopo gli attentati dell'11 settembre, questi itinerari sono stati già, in larga parte, cambiati e poco o nulla è stato ancora fatto per mettere sotto controllo le loro vere stazioni di passaggio o di arrivo e cioè i 276 paradisi fiscali che operano in almeno tre continenti."
"TANTE, TROPPE OPERAZIONI FUORI CONTROLLO"
Si sostiene che oggi almeno l’80-85% del denaro sporco riesce ancora a passare indenne attraverso la rete dei controlli come passano sotto silenzio almeno il 90% delle operazioni che la criminalità organizzata, quasi sempre rappresentata da fiduciari e da società dall’apparenza legale, porta a termine per quanto riguarda l’acquisto di negozi, supermercati, immobili, aziende manifatturiere, strutture turistiche, cliniche private, ecc. Da questo punto di vista è risultata scarsamente efficace anche la norma di legge, introdotta alcuni anni fa, che prevede la segnalazione anche alle questure del passaggio di proprietà di strutture commerciali, segnalazione che, nella stragrande maggioranza dei casi, ha attivato da parte delle strutture investigative scarsi controlli e indagini. E fino a quando questo fiume di denaro illecito continuerà ad avere libera circolazione in Italia sarà difficile fermare la potente macchina economica oggi gestita dalle organizzazioni criminali.
"300 MILA MILIARDI NEL CONO D'OMBRA"
Questo accade anche perché le organizzazioni made in Italy hanno cominciato a lavorare in stretta "combine" con organizzazioni mafiose straniere le cui strutture restano ancora, in Italia, quasi del tutto “impermeabili” e quindi difficili da esplorare da parte delle strutture investigative.
Secondo alcune stime, il giro di affari complessivo di tutte queste organizzazioni criminali avrebbe già sfondato il tetto dei 300 mila miliardi di lire cioè il 15% del nostro prodotto interno lordo. Ovviamente va immesso, in questo enorme calderone di miliardi, ogni tipo di operazione illegale che comprende non solo il “denaro sporco” ma anche quello che, in gergo, viene chiamato “hot money”, cioè tutti gli investimenti e le speculazioni che vengono fatti con denaro realizzato evadendo il fisco, denaro che sempre più spesso si mescola a quello di provenienza criminale, fenomeno che rende ancora più difficile il lavoro degli investigatori.
"CI VUOLE UN VERO SALTO DI CORSIA"
Il potenziamento dell’azione della struttura investigativa potrebbe portare a risultati importanti sempre che quest’azione venga svolta a largo raggio scandagliando finalmente anche tutti i centri di snodo di cui si avvale oggi la criminalità organizzata per convertire i proventi derivanti dagli affari criminali in attività economiche e finanziarie che legali sono solo in apparenza. E’ qui che ci vuole quel vero salto di corsia nelle attività di indagine che l’emergenza terroristica potrebbe, almeno sulla carta, favorire.
"UNA FETTA DI MERCATO E' GIA' LORO"
Parlando di organizzazioni criminali ci troviamo oggi di fronte ad uno spettro di attività economiche che sembra avere latitudini impressionanti. Si stima che almeno il 20% delle strutture commerciali e del settore dei servizi e il 15% delle imprese manifatturiere siano oggi sotto il controllo, realizzato in varie forme, di organizzazioni criminali. Nel settore degli appalti pubblici quantificare la presenza di tali organizzazioni è più difficile ma è certo che, nonostante che siano state adottate nuove e più efficaci normative, il potere di influenza, di intercettazione se non addirittura di diretto controllo esercitato dalle mafie si mantiene elevato. Se organizzazioni italiane come la 'ndrangheta calabrese hanno potuto, in questi ultimi anni, enormemente diversificare i loro investimenti economici ponendo serie radici anche nel centro e nel Nord d’Italia, le organizzazioni straniere, a cui prima abbiamo fatto riferimento, continuano ad operare sotto un tunnel di anonimato che presenta aspetti sempre più inquietanti.
Rappresentano, inoltre, una grossa incognita gli investimenti in Italia di matrice cinese, investimenti che, nell’arco di pochi anni, si sono quintuplicati. Al punto che le proprietà - negozi, ristoranti, alberghi, imprese di ogni genere - acquistate, quasi sempre in contanti, da organizzazioni cinesi hanno raggiunto una tale consistenza da essere raccolte in un voluminoso dossier chiamato “pagine gialle”, dossier che gli investigatori tengono sul loro tavolo ma che resta ancora, per la maggior parte, un indecifrabile rebus. Quante di queste strutture, infatti, hanno una matrice davvero legale? Per ora a questo interrogativo non c’è risposta ma il fatto che anche nel rapporto presentato dal ministero dell’Interno per l’anno 2000 in Parlamento si manifesti una crescente preoccupazione per la presenza in Italia di una criminalità di matrice cinese fa pensare che anche su questo versante ci sia ancora molto da scavare.
Secondo la testimonianza di un dirigente della struttura investigativa “la verità è che, in Italia, i cinesi ci sono e sono tanti ma è come se non ci fossero nel senso che non si sa da dove vengano i loro capitali, a chi faccia capo la gestione dei loro affari economici, quale destinazione prendano i profitti che vengono accumulati. Questo perché anche le loro associazioni commerciali sono perfettamente impermeabili: in esse tutto è off limits, non entra nemmeno uno spillo. Per quanto riguarda, ad esempio, l’immigrazione le organizzazioni cinesi funzionano a ciclo completo: dal trasporto in Europa utilizzando navi di loro proprietà o che vengono appositamente noleggiate, alla prima accoglienza sulle coste fino alla preparazione e all’immissione nei luoghi di lavoro. E quando i nuovi arrivati entrano nell’uovo, non escono più”.
Quanto le Triadi siano coinvolte in questo business non si sa, ma è probabile che forme di intervento vi siano e a largo raggio. L'iniziativa del Governo di cercare ora una collaborazione diretta con il governo cinese potrebbe portare ad utili risultati su questo fronte.
"ANCHE PUTIN POTREBBE DARE ORA UNA MANO"
Ritorniamo ora all'interrogativo che abbiamo posto all'inizio: le strutture investigative si orienteranno, nelle loro azioni di controllo, solo sul versante strettamente terroristico o potenzieranno anche parallelamente le loro indagini su fronti che con il terrorismo non hanno nulla a che fare ma che sono, dal punto di vista criminale, altrettanto preoccupanti?
E questo discorso vale per la mafia cinese come per quella russa, cecena e slava che, come abbiamo detto, stanno allargando la loro sfera di interessi economici e finanziari anche in Italia percorrendo probabilmente itinerari in parte diversi da quelle delle organizzazioni di matrice terroristica. Ma la stretta collaborazione che sembra ora esserci tra Stati Uniti e Russia per la lotta al terrorismo e per l'individuazione delle sue basi finanziarie potrebbe anche servire ad individuare molte delle operazioni criminali ma soprattutto di carattere economico e finanziario che la mafia russa sta realizzando in Europa e, in particolare, in Italia. Come il lavoro che DEA e CIA stanno facendo, in queste settimane, per individuare le strutture finanziarie di cui il terrorismo di Bin Laden si serve per il controllo delle vie della droga di produzione afgana potrebbe essere assai utile per scoprire altri altarini, quelli di cui si servono le mafie italiane per l'importazione di stupefacenti e, in principal modo, di eroina.
"'NDRANGHETA: OPERATORI IN DOPPIO PETTO, ANZI IN FRAC"
Sul fronte interno l’organizzazione criminale oggi più temibile è senza dubbio la 'ndrangheta. Questa organizzazione ha oggi una potente struttura verticale a cui fanno riferimento più “famiglie” che operano su ogni parte del territorio, dalla Calabria, al Lazio, alla Lombardia e al Piemonte. Ma i rappresentanti di ogni famiglia fanno poi parte di una struttura centrale che decide tutte le strategie di investimento, dirime le eventuali controversie interne, tratta gli affari internazionali che poi sono diventati un altro importante business di questa organizzazione.
E’ probabile che il potenziamento delle strutture investigative per la lotta al terrorismo consenta di intercettare anche la rete di affari che la 'ndrangheta ha nel settore della droga e del traffico di armi e questo sarebbe già un buon risultato. Ma non bisogna dimenticare che questa organizzazione ha raggiunto un livello alto di penetrazione in molti altri settori: dallo smaltimento dei rifiuti tossici, al commercio di organi per trapianti, all’acquisto, all’ingrosso, di strutture commerciali e di beni immobiliari, alla contraffazione di prodotti di ogni genere. E, in questi settori, come denuncia anche il già più volte citato rapporto del ministero dell’Interno, l’allarme è ormai da codice rosso.
Ma su un altro versante il rilancio dell’azione investigativa potrebbe portare a buoni risultati. a 'ndrangheta è, infatti, oggi l’organizzazione “regina” nel riciclaggio del denaro sporco. Quest’ultima sta diventando un’attività assai lucrosa, anche sotto il profilo dell’intermediazione, perché si servono delle ormai collaudate e quasi impermeabili strutture finanziarie di questa organizzazione, sia le mafie dell’est europeo sia chi, per il commercio della droga, opera sui mercati mondiali.
Individuare finalmente le strutture finanziarie su cui fa perno questa organizzazione "gestita da personaggi che indossano ormai solo il doppio petto se non addirittura il frac" potrebbe portare alla scoperta anche di canali di traffico finanziario di matrice terroristica.
"USURA E RACKET, UN PERICOLO DA CODICE ROSSO"
Non vanno trascurati altri versanti criminali che, per latitudine e profondità, sono ormai anch’essi, in Italia, da codice rosso. E’ ora che anche su questi versanti le strutture investigative agiscano con mezzi e strategie più adeguati di quelli che vengono utilizzati attualmente.
E’ da codice rosso il mercato dell’usura e del racket che ormai, come si diceva all'inizio e come confermano i dati del sondaggio, ha dimensioni nazionali con picchi rilevanti non solo nel Mezzogiorno ma anche nel Centro e nel Nord d’Italia. Secondo le stime elaborate sulla base delle indicazioni raccolte, il giro di affari che si muove intorno all’usura e il racket supera i 45 mila miliardi di lire. Con un’annotazione aggiuntiva: se fino a qualche anno fa, usura e racket venivano utilizzati soprattutto per ricavare profitti poi da trasferire all'estero, ora le organizzazioni criminali utilizzano questi strumenti anche per impadronirsi direttamente di imprese e strutture commerciali di ogni genere. Ed è un mercato che si allarga sotto pelle perché continuano ad essere assai scarse le denunce di chi è oggetto di estorsione che o paga silenziosamente il pizzo o è costretto a vendere la propria impresa ai suoi stessi estorsori.
"CRESCE LA CRIMINALITA' PER BANDE"
Anche la criminalità per bande, quella che spesso ha pochi o addirittura nessun collegamento con le grandi organizzazioni, sta crescendo a vista d’occhio. E’ una criminalità violenta, assai composita, alimentata anche dall’immigrazione clandestina. Queste bande, proprio perché senza radici e senza strutture organizzative, riescono spesso ad operare nel più assoluto anonimato anche perché parte della loro manovalanza è composta da clandestini che, una volta entrati in Italia, distruggono di proposito i loro documenti e quindi sono di difficile se non impossibile identificazione.
I programmi di queste bande, non avendo, come la grande criminalità, obiettivi strategici o patrimoni da tutelare, sono quelli che maggiormente oggi mettono a rischio la sicurezza dei cittadini.
"DITO PUNTATO CONTRO GLI IMMIGRATI CLANDESTINI"
Bisogna dare atto alle forze di polizia di aver potenziato, soprattutto dopo gli atti criminosi (assalto alle ville del Nord, omicidi di commercianti) che si sono avuti nell’ultimo anno, la loro azione di contrasto acquisendo anche qualche risultato apprezzabile. Ma non vi è dubbio che molto di più deve essere fatto, sotto il profilo organizzativo e strategico, per assicurare al cittadino una soglia di sicurezza assai maggiore di quella attuale.
"MAGGIORI DOTAZIONI DI SICUREZZA PER LE IMPRESE COMMERCIALI"
L’80% degli intervistati nel sondaggio CIRM considera, ad esempio, ancora del tutto insufficiente l’azione che lo Stato conduce per combattere l’immigrazione clandestina e chi vive nelle aree extraurbane si sente meno protetto di chi vive nei centri abitati (62% in Lombardia) mentre il 71% degli intervistati sostiene che troppo spesso i programmi televisivi di maggior ascolto hanno contenuti che istigano alla violenza se non addirittura al crimine. Otto operatori commerciali su dieci ritengono, infine, che lo Stato dovrebbe non solo migliorare l’organizzazione di controllo e di sorveglianza nelle aree urbane ma studiare anche misure ed incentivi che consentano alle strutture commerciali di dotarsi di impianti di sicurezza (telecamere, collegamenti diretti con la polizia in caso di rapina, polizze assicurative a carico delle Amministrazioni pubbliche, ecc.) che possano servire da più efficace deterrente nei casi di emergenza. In alcune città (Milano e ora anche Roma) le autorità amministrative hanno già preso alcune iniziative in questo senso e il fatto è indubbiamente positivo. E’ chiaro però che è indispensabile un piano nazionale per la sicurezza del settore del commercio perché sarebbe ingiusto oltre che pericoloso fissare discriminanti tra zona e zona, tra quartiere e quartiere, tra regione e regione, da cui la criminalità potrebbe trarre ulteriori vantaggi.
Ci sembra, pertanto, necessario che il Governo, d'intesa con le Amministrazioni comunali, metta a punto un piano che consenta a tutte le strutture commerciali che operano sul territorio di operare in un regime di maggior sicurezza. Anche un negozio di Terni o di Pescara deve essere munito degli stessi impianti di cui potranno essere dotati gli esercizi commerciali di Roma o di Milano. Discriminanti su problemi vitali come quello della sicurezza non ce ne possono essere.
"OCCORRE POTENZIARE STRUTTURE CHE OPERINO PER LA PREVENZIONE DEI REATI"
Il problema centrale resta però quello di una diversa e più efficace organizzazione operativa delle strutture di sicurezza che operano per il controllo del territorio urbano ed extra urbano. Su almeno quattro versanti:
1. il potenziamento delle strutture investigative oggi inadeguate sia per il lavoro di prevenzione dei reati di questo tipo sia per combattere i fenomeni dell’usura e del racket. Senza un serio e quotidiano lavoro di “intelligence” è difficile che si possa raggiungere quella soglia di sicurezza che ormai per molti cittadini è diventato un problema quasi primario.
2. adozione di misure più adeguate per combattere l’immigrazione clandestina che, come conferma la rapina realizzata due giorni fa ai danni di un imprenditore in provincia di Como che si aggiunge a ben più gravi fatti criminosi avvenuti nelle provincie del Nord negli ultimi mesi, resta un problema tuttora, in buona parte, irrisolto. Secondo le informazioni raccolte, la clandestinità più preoccupante sarebbe oggi quella di provenienza slava e albanese. Per quanto riguarda gli slavi la mancanza di accordi con le autorità di Belgrado non permette di dare esecuzione alle operazioni di rimpatrio. Con l’Albania, invece, ci sono accordi ma, come ha fatto rilevare un dirigente investigativo, sono troppi i clandestini che passano attraverso le maglie dei controlli. Inoltre il valore dissuasivo delle pene previsto oggi per reati come furti o rapine oggi, specie per i kossovari, è assai scarso dato che molti di loro preferiscono fare due anni di carcere in Italia piuttosto che essere rimpatriati. C’è, infine, il problema dei centri di raccolta nei quali confluiscono clandestini di ogni tipo molti dei quali - è il caso dei curdi - chiedendo asilo politico non possono essere espatriati. Questi centri, comunque, sono ormai “stracolmi” mentre gli arrivi, specie ora sulle coste siciliane (turchi, libanesi e siriani) e su quelle calabresi stanno aumentando in misura esponenziale.
3. mentre nelle grandi aree urbane l’organizzazione e il coordinamento tra le varie forze di polizia ha fatto indubbiamente alcuni passi avanti, nelle aree extra urbane e nei piccoli centri le strutture di sicurezza continuano ad essere esigue e mal coordinate. Spesso, anzi quasi sempre il personale addetto ai commissariati e alle strutture dell’Arma non è residente in questi centri e fa ritorno alla fine del turno nel suo abituale luogo di residenza che si trova in grandi città che distano molti chilometri dal luogo di lavoro. Ciò non permette ai tutori dell’ordine di “vivere” il clima dei luoghi nei quali operano e di non stabilire, quindi, quei contatti che possono diventare indispensabili anche per un’adeguata opera di prevenzione. Mancano, infine, in queste aree, sale operative e spesso – ha dichiarato un dirigente investigativo - i supporti tecnologici di cui dispongono queste strutture sono ancora all’età della pietra. Appare ancora deficitario il coordinamento tra le varie forze impiegate per la lotta alla criminalità, un deficit di coordinamento che produce spesso sovrapposizione di ruoli e controproducenti ingolfamenti fin dalla fase delle prime indagini.
E’ da tempo che Confcommercio sottolinea l’esigenza di creare centrali operative che non operino solo un coordinamento “virtuale” tra polizia, carabinieri e guardia di finanza, ma che consentano, invece, un rapporto reale di collaborazione tra le varie forze e ci auguriamo che il ministero degli Interni si adoperi perché questo obiettivo possa essere realizzato al più presto. Del resto, l’articolo 17, del cosiddetto pacchetto sicurezza, approvato mesi fa dal Parlamento, spinge non solo perché questo coordinamento possa diventare effettivo ma anche perché esso venga esteso a corpi e servizi della polizia municipale.
4. resta, infine, aperto il problema del funzionamento dei meccanismi giudiziari oggi talmente lenti ed ingolfati da avere, in troppi casi, scarso valore dissuasivo anche quando ci si trova di fronte a reati di particolare gravità.