Intervento del Presidente Carlo Sangalli alla Giornata nazionale della Legalità
Intervento del Presidente Carlo Sangalli alla Giornata nazionale della Legalità
Ministro Lamorgese, Autorità, cari amici della Confcommercio in collegamento da tutta Italia, buongiorno a tutti.
Benvenuti alla nostra settima edizione della Giornata “Legalità ci piace!”, l’appuntamento annuale di Confcommercio dedicato alla riflessione e alla sensibilizzazione sul tema della legalità.
Il focus di questa edizione sarà centrato su contraffazione ed abusivismo, due piaghe che certo penalizzano in particolare i nostri settori, ma che indeboliscono tutta la filiera del Made in Italy e la salute del sistema Paese, sovvenzionando le catene della criminalità organizzata.
Questi fenomeni, inoltre, hanno anche una preoccupante “ricaduta sociale” che è difficile da quantificare ma non è meno pesante da valutare.
Perché contraffazione ed abusivismo spingono ad abbassare l’asticella della qualità della vita e degli acquisti, rendendo le persone più povere culturalmente, più fragili nelle scelte e più esposte in termini di salute, consumi e abitudini.
Guardate, questa “giornata” di “Legalità ci piace!” non è certamente l’impegno di un giorno.
Perché l’impegno di Confcommercio per la sicurezza e la legalità si traduce in due obiettivi continui e strategici.
Da una parte, sul lato della sicurezza, l’obiettivo di contrastare i fattori legati alla criminalità che incidono sulla competitività delle imprese.
L’illegalità danneggia il lavoro di tanti imprenditori e determina solo per le imprese del commercio e dei pubblici esercizi una perdita di oltre 30 miliardi di euro di fatturato, mettendo a rischio ogni anno 197 mila posti di lavoro regolari.
Caro Ministro, noi assicuriamo - come abbiamo sempre fatto – la piena collaborazione con le forze dell’ordine le istituzioni, le associazioni, sia pubbliche che private. E vogliamo anche ringraziare di cuore i compagni di viaggio che a livello nazionale e locale abbiamo trovato in questo percorso.
Chiediamo l’inasprimento dell’impianto sanzionatorio, ma serve soprattutto intensificare ulteriormente i controlli sul territorio e rafforzare l’attività repressiva da parte delle autorità competenti.
Le leggi ci sono e vanno applicate.
Come nel caso del Protocollo di legalità. Siamo convinti che il rating di legalità sia davvero utile, ci permettiamo, però, di proporre l’eliminazione della soglia dei 2 milioni di euro di fatturato, che finisce di fatto per penalizzare le piccole imprese.
Infine, è in rinnovo con il Ministero dell’Interno il protocollo videoallarme antirapina che consente di mettere in collegamento le attività commerciali con le sale operative delle forze dell’ordine.
Per noi è uno strumento importante di tutela non solo dell’esercizio commerciale, ma anche dello stesso imprenditore, e delle famiglie degli imprenditori. In troppi, anche quest’anno, hanno perso la vita, gli affetti e l’integrità per atti di violenza.
Dicevo quindi declinando il nostro impegno: da una parte, sicurezza per le nostre imprese.
Dall'altra parte, cerchiamo di lavorare sul lato della legalità, per rafforzare, diffondere e approfondire la “cultura della legalità”.
Su questo tema, l’elemento culturale non è un modo di dire, fa davvero la differenza.
I dati fanno molto riflettere.
Nel 2019 quasi 1 consumatore su tre ha acquistato un prodotto contraffatto o usufruito di un servizio illegale, con un ricorso, per altro trainante, del web.
Per la maggior parte dei consumatori, il 70% circa, l’acquisto di prodotti o servizi illegali è sostanzialmente legato a motivi di natura economica, certo.
Ma il tratto sconcertante è che, sebbene oltre il 90% dei consumatori è consapevole dei rischi dell’acquisto illegale e degli effetti negativi di questo fenomeno, questo tipo di acquisto è ritenuto «normale» per il 73% dei casi, una tendenza diffusa in prevalenza tra i giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni.
Quindi, forse l’aspetto su cui bisogna lavorare con forza non è solo quello “informativo”, spiegando i danni alla comunità, alla salute e al futuro di questi fenomeni. Bisogna invece lavorare sull'aspetto emotivo, sui valori condivisi alla base della nostra convivenza. E questo soprattutto tra i più giovani.
Perciò da anni sosteniamo con forza il Premio Ambrosoli, il Premio Libero Grassi e il Festival “Trame” di Lamezia Terme.
Nel 2016 abbiamo lanciato il “Progetto nazionale Fermiamo la contraffazione", che utilizza anche il linguaggio teatrale per sensibilizzare i consumatori e che ha coinvolto in questi anni più di 8.000 studenti.
Un altro progetto di educazione all'acquisto legale rivolto ai giovani e che ha ispirato la firma, a giugno 2018, di un protocollo anticontraffazione da parte del Ministero dello Sviluppo economico.
Caro Ministro, il nostro cerca di essere un impegno articolato, grazie al lavoro quotidiano delle nostre realtà – che come direbbe De Rita – sono “dappertutto e rasoterra”.
E ringrazio in particolare la nostra Anna Lapini, incaricata per la legalità e la sicurezza, che svolge questo impegno con grande passione civile e sociale, e anche creatività.
Ricorderete che lo scorso anno abbiamo lanciato la web series “Il Titolare”, quattro episodi di pochi minuti che affronta i temi della criminalità e della difficoltà di fare impresa in modo originale, con un taglio direi “ironico”, anche per fare breccia sulle generazioni che oggi utilizzano i linguaggi dei social e delle “serie” televisive.
A proposito della capacità di fare breccia sulle nuove generazioni, ho ritrovato in questi giorni un libro per ragazzi, del 2004, che mi ha colpito molto.
Si intitola Ed è per questo che mi chiamo Giovanni, della penna della Gazzetta dello Sport Luigi Garlando.
Ed è la storia di un bambino di 10 anni che si chiama Giovanni in onore del Giudice Falcone, essendo nato a Palermo proprio il giorno dell’attentato di Capaci.
Giovanni ha un pupazzo, Bum, con i piedi bruciati, perché suo papà aveva una bottega e, dopo la morte di Falcone, aveva cominciato a rifiutare di pagare il pizzo e di quel negozio l’unica cosa che era rimasto dall'incendio doloso era stato proprio il pupazzo.
“Gli uomini passano, le idee restano e continuano a camminare sulle gambe di altri uomini” diceva Falcone.
Perché noi siamo gli “altri uomini”. E, soprattutto, lo sono i nostri figli e i nostri nipoti.
Ed è su quelle gambe che dobbiamo mettere le idee di libertà, integrità e senso di condivisione che ci fanno dire ogni anno, ogni giorno, in ogni scelta “Legalità, ci piace!”.
Ed è per questo che tutti ci possiamo chiamare Giovanni.
Grazie a tutti e lascio ora la parola al Ministro degli Interni.