PER LE NUOVE IMPRESE C'È L'OSTACOLO FINANZIAMENTI
PER LE NUOVE IMPRESE C'È L'OSTACOLO FINANZIAMENTI
Per le nuove imprese c’è l’ostacolo finanziamenti
Disposto a modernizzare ed ampliare l’azienda, capace di utilizzare le nuove tecnologie,
costantemente informato, ma poco propenso a “fare il pioniere”, a rischiare cioé di creare nuove imprese che non siano quelle di famiglia. E’ l’identikit del giovane imprenditore elaborato dai giovani di Confcommercio che, oltre alle abilità di chi si affaccia sul mercato, sottolineano anche le difficoltà oggettive incontrate nel fare impresa: prima tra
tutte quella di ottenere un finanziamento, irrinunciabile per avviare una nuova attività.
L’impresa è insomma qualcosa che in Italia continua a tramandarsi di padre in figlio e a dimostrarlo sono i dati: il 50% dei giovani imprenditori è subentrato nell’azienda di
famiglia, il 14% l’ha rilevata da soggetto diverso, mentre il 35% ha avviato autonomamente l’attività dell’impresa in cui opera. Una percentuale che potrebbe probabilmente crescere se minori fossero le difficoltà incontrate dai giovani che
vogliono fare impresa. Per gli imprenditori cosiddetti “di prima generazione” l’ostacolo maggiore è infatti rappresentato proprio dai problemi legati al finanziamento (indicati come i più gravi dal 45% degli intervistati), che superano anche le difficoltà amministrative e la scarsa conoscenza del mercato.
Oltre il 50% dei finanziamenti, sottolinea la ricerca dei giovani di Confcommercio, è dato dall’autofinanziamento ed il 17,5% da prestiti familiari. Solo il 25,6% del capitale per l’avvio di un’attività proviene da prestiti bancari. Le banche sembrano comunque diventare più fiduciose con gli imprenditori più esperti: nel caso di attività già avviate gli istituti di credito concorrono al finanziamento per oltre il 32%. E scarsa è anche l'attenzione dello Stato. “Chi intende impegnarsi e vuole investire in questo settore - lamentano i giovani di Confcommercio - si trova di fronte uno Stato che continua a guardare da un’altra parte. Si comporta come se il nostro sistema economico si reggesse ancora sul solo sistema industriale, verso il quale continua ad essere dirottato l’80%
per cento dei supporti, delle agevolazioni e degli incentivi”. Per questo, allo Stato viene chiesto “un cambio di rotta”..