Ruote d’Italia: “nulla di nuovo sotto il sole”
Ruote d’Italia: “nulla di nuovo sotto il sole”
Dopo le ferie estive, i temi che avevamo lasciato in sospeso tornano a presentarsi ai cittadini, alle imprese e ai lavoratori italiani nelle stesse dimensioni e gravità di prima, se non anche con maggior impatto.
Grazie al clima favorevole, il settore turistico - i conti li faremo tuttavia alla fine della stagione - pare aver goduto di una certa ripresa, il merito della quale, tuttavia, è da ascriversi più alla volontà dei singoli operatori che alle iniziative intraprese dal Governo. Per certi versi, molte situazioni sono rimaste tal quali erano qualche settimana fa, altre si sono addirittura aggravate.
Ci troviamo innanzitutto a fare i conti con un problema di fondo che richiede un’attenta riflessione. Come recentemente segnalato dal Ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti se il Piano Verde, che sembra il frutto di una furia iconoclasta del mondo ambientalista europeo, non verrà gestito con la dovuta oculatezza, “centinaia di migliaia di persone perderanno il posto di lavoro”. Se non verranno apportate modifiche adeguate alle misure relative a carburanti ed energia, vi saranno conseguenze importanti, in particolare nel settore dell’automotive. Si potrebbe pensare che tale preoccupazione scaturisca dal posizionamento politico del Ministro (in quota Lega Nord), ma non è così! Anche il Ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani, lancia l’allarme e sostiene che “in queste condizioni Ferrari, Maserati e Lamborghini rischiano di dover chiudere”. Forse la notizia potrà riempire di gioia i “pauperisti ambientalisti” ma alle persone raziocinanti dovrebbe suonare un campanello d’allarme. Sempre lo stesso ministro, che ha un bagaglio culturale di spessore, ha provato a rilanciare il tema dell’energia nucleare, per poi essere indotto ad una mezza smentita a causa dei pesanti attacchi ricevuti. È noto come l’energia nucleare di nuova generazione sia molto più sicura e fornisca, a costi inferiori, energia pulita. Ma è una impostazione inaccettabile per i sostenitori delle pale a vento! Solo degli scriteriati possono immaginare che il nostro Paese possa, con tale fonte energetica, competere con i mercati che si affidano al nucleare. Questa è la situazione con la quale saremo chiamati a confrontarci, mentre politici di livello parlano dello ius soli, della legge Zan o elaborano strategie su alleanze politiche per acquisire modesti spazi di visibilità. Per quanto concerne la gestione della campagna vaccinale, invece, preferiscono declinare le responsabilità che competono ad un Esecutivo degno di tale nome.
Intanto, l’inguaribile ottimista, sforna dati che mostrano la crescita percentuale del tasso di occupazione, senza però considerare che il valore è determinato dalla diminuzione del numero degli inoccupati o di coloro che cercano occupazione. Sul fronte dell’occupazione siamo sempre allo stesso livello, se non in peggioramento. Anche se qualcuno potrebbe aversene a male, quanto rilevato mi consente di ribadire che, probabilmente, non è il lavoro che manca ma la voglia di lavorare.
Volendo analizzare nel dettaglio le condizioni in cui versano molti settori, c’è poco da stare allegri. Mi ha colpito lo sfogo - anche perché tocca direttamente il tema della rappresentanza - contenuto in una intervista rilasciata da un noto gioielliere romano che, avendo presentato la situazione ormai insostenibile, ad una domanda sulle misure di tutela attuate dalle associazioni di categoria di fronte ad un quadro in netto peggioramento risponde: “l’azione di queste non vanno oltre la lamentela o l’enunciazione del problema. Questo è poco, francamente, di fronte alle decine di migliaia di esercizi scomparsi negli ultimi anni. Ecco perché occorrerebbero azioni eclatanti. Se vogliamo smuovere qualcosa, ribadisce l’intervistato, non ci sono alternative” (ovviamente la critica non riguarda solo la propria attività ma ricomprende l’intera rappresentanza di interessi, a suo dire, dimostratasi insufficiente). Alla domanda su come riesca ad andare avanti se il negozio romano è in perdita, fornisce una risposta che ancor più eloquente: “Per fortuna con due negozi all’estero riesco a coprire le perdite che registro a Roma” .
Il fatto che in quei Paesi la pandemia ha imperversato come e forse più che in Italia, induce a pensare che sia il nostro sistema che a non funzionare. Questo è preoccupante! Del resto, al di là di qualche regione virtuosa, nel silenzio generale, la gestione della campagna vaccinale e gli interventi di sostegno agli imprenditori in difficoltà non si può certo affermare siano stati di grande successo e, mentre operatori soffrono, si destinano 10 miliardi di euro per mantenere con il reddito di cittadinanza dei lazzaroni. In altri Paesi si preferisce non fare debito, bensì utilizzare le risorse europee a fondo perduto. Non sottovalutiamo il fatto che il nostro Pil, in crescita di circa il 6%, è frutto della forte ripresa dei consumi e, prima di esaltarci, consideriamo che si partiva da un -9%. Debito e crescita saranno i nodi cruciali sui quali ci misureremo.
Paolo Uggè