"Al Paese serve un cambio di passo"

"Al Paese serve un cambio di passo"

Il presidente di Confcommercio, Sergio Billè, nel corso della XVII Assemblea Generale della Confederazione ha indicato tre priorità per dare competitività al Paese. Più infrastrutture, lotta contro la parte improduttiva della burocrazia e riforma fiscale.

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1 luglio 2004
Bozza relazione

Billè: “il Paese rischia il declino, serve un immediato cambio di passo”

 

E’ stata la competitività il motivo conduttore della relazione con la quale il presidente di Confcommercio, Sergio Billè, ha aperto a Roma i lavori della XVII Assemblea Generale della Confederazione. Nelle venti cartelle del suo intervento, Billè ha indicato tre priorità per allontanare il rischio di un declino per il nostro Paese: una vigorosa accelerazione del programma di investimenti nel settore delle infrastrutture; una lotta serrata contro la parte più improduttiva, costosa e perditempo della nostra burocrazia; una riforma fiscale che “ricarichi” di energie e di aspettative famiglie ed imprese. Tutti devono farsi carico di questo “programma”: istituzioni, politica, corpi sociali. Ma soprattutto il Governo con un immediato cambio di passo, di strategie e di tipo di approccio ai problemi.

La relazione ha affrontato per primo il problema delle infrastrutture. “C’è un’Italia – ha detto Billè - che è davvero stanca di stare in coda, chiusa dentro le sue minuscole scatole di latta, in attesa che i cantieri finiscano i loro interminabili lavori”. E’ un’Italia, tuttavia, che pur “indispettita” ha ancora voglia di partecipare. Ma occorrono istituzioni forti e una politica che sappia produrre risultati. Quando, come oggi “entrambe si incartano, rischia di incartarsi tutto il Paese. Ne soffre anche l’economia. E parecchio”. A tale proposito, il presidente di Confcommercio ha sottolineato che dopo il passaggio dal proporzionale al maggioritario c’è stato un “fermo” del cantiere istituzionale, che “continua a produrre danni”. A preoccupare, ad esempio, è il nostro bicameralismo elefantiaco, che non permette la celere approvazione di leggi come quella sulla tutela del risparmio che, in un sistema di moderna ed efficiente democrazia, “avrebbero dovuto essere approvate all’istante: poveri risparmiatori!”.

Billè ha poi affrontato la delicata questione del rapporto tra banche e imprese. Le prime

devono dimostrare “la capacità del modello di banca universale ad operare tanto sul terreno della consulenza ai risparmiatori, quanto su quello di una selezione del merito di credito che sappia accompagnare i processi di crescita delle imprese. In particolare, di quell’impresa diffusa per la quale l’impatto degli accordi di Basilea si traduce in una preoccupante prospettiva di deterioramento di questo merito”. E’ poi necessario che

banca e impresa “operino sulla stessa lunghezza d’onda, condividendo una cultura del finanziamento che privilegi gli strumenti partecipativi finalizzati alla crescita del capitale d’impresa”.

Passando poi a parlare della burocrazia, Billè ha denunciato che “cittadini e imprese continuano ad essere prigionieri di un potere amministrativo che impone loro regole vessatorie e mortificanti anticamere”. E’ un problema sottaciuto, questo. “Perché – si è chiesto il presidente di Confcommercio – mai un cenno o una parola, in tv, su tutte quelle imprese che, ogni giorno nei settori della distribuzione, del turismo, dei servizi e dei trasporti sono ostaggi su ogni tipo di problema che sia tassa, imposta, licenza, pratica amministrativa o altro?”. Bisogna fare attenzione, “perché la pentola dello scontento sta superando il punto di ebollizione”. Intanto, la produttività e il grado di efficienza della Pubblica Amministrazione sono sotto gli occhi di tutti…

Altro capitolo dolente è quello degli oneri che gravano sulle imprese e che riducono il loro livello di competitività. Le nostre aziende pagano in media l’energia elettrica il 25% in più degli altri Paesi europei, mentre anche il costo del gas è, in Italia, superiore del 30% alla media europea. “Non era compito di tutte le Authorities create in questi anni – ha provocatoriamente domandato Billè - stimolare il processo di liberalizzazione del mercato?”. Per non parlare della carenza in molte aree del nostro territorio (meno 30% rispetto a Francia e Germania) delle infrastrutture e dei servizi di base o degli oneri che dai Comuni vengono “scaricati” sulle imprese per la raccolta dei rifiuti e che sono, per l’utenza, dell’80% più pesanti che negli altri Paesi. “La verità – per il presidente di Confcommercio - è che il nostro sistema corre oggi con una gamba sola. Fino a quando il sistema dei servizi non potrà far leva su un’adeguata rete di infrastrutture non potrà puntare allo sviluppo. Occorre davvero un colpo di reni”. Lo dimostrano poche cifre: la logistica, nel suo complesso, ha un costo, mediamente superiore del 30-40 per cento a quello dei nostri principali concorrenti e i ritardi dovuti al semplice congestionamento dei trasporti incidono oggi per cifre che variano dai 20 ai 35 miliardi di euro, cioè dall’1,5 al 2% del nostro Pil: per tacere della privatizzazione delle grandi reti, fatta senza preoccuparsi della liberalizzazione del mercato, e degli investimenti infrastrutturali fino ad ora realizzati che non consentono, per quanto riguarda i servizi su rotaia e l’integrazione via mare, alternative competitive al trasporto dei prodotti. “La somma di questi motivi – ha rimarcato Billè - rende praticamente impossibile, se non a costo di pesantissimi sacrifici, l’esercizio delle attività di servizio delle imprese del terziario e tutto ciò produce effetti distorsivi anche sul sistema dei prezzi. Ma queste patologiche carenze, al momento di pagare le tasse allo Stato e ai Comuni - Irpef, Irap e tanto, troppo d’altro - non sono tenute in alcuna considerazione”. Intanto, le grandi opere pubbliche continuano ad essere eseguite con esasperante lentezza: il tempo medio necessario, in Italia, per realizzare un nuovo asse infrastrutturale è di 14 anni e mezzo contro i 4 e mezzo della Spagna, i 5 della Germania e i 6 e mezzo della Francia. E

continua a fare scandalo “l’inadeguatezza - abissale al Sud - di reti metropolitane, di trasporti pubblici di superficie, di acquedotti, di fognature, di sistemi elettrici, di impianti per lo smaltimento e la trasformazione dei rifiuti, di infrastrutture per lo sviluppo del turismo e dell’intrattenimento”.

Ma l’agenda per il Mezzogiorno continua ad annoverare una fitta serie di questioni aperte: lotta alla criminalità e impegno per la tutela della legalità; fiscalità di vantaggio; valorizzazione dei “giacimenti” dei beni culturali ed ambientali: “che noia, si dirà, ripetere sempre le stesse cose. Che scandalo, dico io, trovarseli sempre di fronte e dover continuare a convivere con essi!”.

Affrontando poi il tema dei prezzi, Billè ha “bocciato” la proposta di “importare” in Italia l’idea del ministro francese Sarkozy per una riduzione da parte della distribuzione. “Prima – ha detto - si importi in Italia anche l’efficienza delle infrastrutture e della pubblica amministrazione della Francia e, poi, si potrà discutere anche di questo.

Prima si cancellino tutti i costi aggiuntivi che le imprese della distribuzione sono costrette a sopportare ogni giorno per l’inefficienza del sistema e, poi, parleremo volentieri anche del resto. Noi siamo disponibili insomma ad affrontare il problema dei prezzi sempre che, su di essi, ci sia finalmente un approccio serio che parta da logiche strutturali e che riconosca il valore del pluralismo distributivo italiano”.

Dopo aver denunciato che “poco o nulla è stato fatto da parte dello Stato per fare investimenti nei settori della ricerca, delle tecnologie e della formazione”, il presidente di Confcommercio è poi passato a parlare del sitema degli incentivi, che vanno “rimeditati e rimodulati”. “Nessuno di noi è così scriteriato da pensare che questo Paese possa risolvere i suoi problemi penalizzando, in qualche modo, il comparto industriale. Ma la benzina va messa nei serbatoi per far correre le macchine e non per continuare a far girare il loro motore in folle. Si attui, per gli incentivi, una produttiva correzione di tiro e a beneficiarne sarà, in primo luogo, l’impresa manifatturiera”. E una correzione di rotta è necessaria anche nel confronto fra tutte le parti sociali, ricominciando a parlare davvero di imprese, di occupazione, di riforme e di mercato cercando, per ciascuno di questi grandi temi, vere soluzioni. “E’ importante – ha detto Billè - che siedano a questo tavolo i sindacati dei lavoratori perché, senza un loro sostanziale e costruttivo apporto, questo Paese rischia di di non andare da nessuna parte. Ma, se vogliamo fare finalmente centro, in questa stagione di confronto dobbiamo mettere tutti sul piatto qualcosa di nuovo e di diverso e anche dai sindacati ci attendiamo qualche sì in più e qualche no in meno. Anche quando si negoziano i contratti, anche quando si parla di flessibilità del mercato del lavoro. E noi puntiamo – sia ben chiaro – ad un tipo di flessibilità che sia contrattata tra le parti e che, anche per questo, non diventi mai precarietà”.

Quanto alla situazione generale della nostra economia, Billè ha sottolineato che l’Italia, “deve approntare una politica economica rigorosa, ma anche lungimirante, attraverso misure - sia di tipo congiunturale sia di carattere strutturale - focalizzate sul rilancio del mercato interno”. A preoccupare, oltre a una crescita del Pil che nel 2004 e nel 2005 dovrebbe restare al di sotto della media europea, è la debole crescita dei consumi delle famiglie e lo scarso recupero degli investimenti, mentre sull’inflazione continuano a gravare molte incognite. Una situazione che, sulla carta, appare difficilmente coniugabile con gli obiettivi di riduzione della pressione fiscale, a meno di drastici interventi per il contenimento della spesa pubblica corrente. Ma “per noi questa situazione deve poter essere coniugabile anche con l’attuazione della riforma fiscale. Sono mesi che chiediamo che venga dato al sistema questo tipo di scossa”. Per il Governo, insomma,

è arrivato il momento “della politica del fare”, mantenendo le promesse che sono state fatte. “Di cose il Governo, in questi tre anni – ha detto il presidente di Confcommercio - ne ha sicuramente fatte e nessuno di noi intende sottovalutarne il peso e il significato”. Ma, rivolgendosi direttamente al presidente del Consiglio seduto in platea, Billè ha ricordato che, pur con tutte le difficoltà del momento (politiche ed economiche) “quando un contratto viene stipulato, esso va rispettato. E’ un fatto di “credibilità”. D’altra parte, “come potranno crescere i consumi se non si metteranno più soldi in tasca alle famiglie?

Come potranno crescere ed investire le imprese del terziario di mercato, se lo Stato e gli Enti locali continueranno a prelevare gran parte dei loro redditi? E come faranno le imprese italiane del turismo, che risentono della sperequazione delle aliquote Iva rispetto ad importanti competitori europei, ad intercettare i milioni di cinesi che presto voleranno, anche come turisti, verso il Vecchio Continente?” La riforma fiscale, insomma, “ è la prima leva strutturale che oggi possa fare massa critica per la ripartenza dell’economia”. “Milioni di formiche e di api operaie – ha sottolineato Billè - sono davvero stanche di lavorare, giorno e notte, per restituire poi allo Stato gran parte dei frutti del loro lavoro”.

Alla questione della riforma fiscale è legata a filo doppio quella - auspicabile - del federalismo, a proposito della quale il presidente di Confcommercio ha espresso il timore che “possa comportare qualche altro guaio per il contribuente” e che porti ad un “raddoppio” del totale degli addetti della pubblica amministrazione. Così come “un intervento che fosse mirato al superamento dell’Irap soltanto per la ricerca ci convince assai poco, anzi per nulla”. L’imposta, insomma, va semplicemente soppressa.

“Bisogna fare di più e di meglio – ha concluso Billè - per evitare che questo Paese vada alla deriva. Il Paese potrà continuare ad essere competitivo solo se tutti sapranno fare sistema: lo Stato, la finanza, l’industria e i servizi. Vogliamo cominciare ad affrontare, con diverso spirito e con maggiore senso della concretezza, tutti questi problemi o preferiamo, invece, continuare a crogiolarci nell’idea, anzi nell’illusione, che il bambino della ripresa lo possa portare la cicogna? Purtroppo non è così. E sarebbe ora che ce ne rendessimo tutti conto”.

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