CONCLUSO IL "NO DAY", UN TOUR FRA I PROBLEMI DEL PAESE
CONCLUSO IL "NO DAY", UN TOUR FRA I PROBLEMI DEL PAESE
Concluso il “No Day”, un tour fra i problemi del Paese
“E’ un referendum parto di persone, certamente di tutto rispetto, ma che hanno una visione della società, del progresso e dello sviluppo sostanzialmente, radicalmente diverse dalle nostre e, credo o almeno mi auguro di credere, della maggior parte degli italiani”. Nelle parole del presidente Sergio Billè è racchiusa tutta la determinazione di Confcommercio nel sostenere il “no” al referendum sull’estensione dell’applicabilità dell’articolo 18. Un impegno cominciato con il “No Day”, l’iniziativa itinerante partita lo scorso 24 febbraio da Pavia e conclusasi ieri a Milano attraverso quattordici tappe in varie città italiane. Un motorhome, un pullman e due tir hanno percorso l’Italia, per due settimane, per sensibilizzare l’opinione pubblica e spiegare le ragioni del “no” di Confcommercio ad un referendum che, se venisse approvato, causerebbe danni irreparabili ad una delle parti più produttive del nostro sistema imprenditoriale, l’unica che oggi appare in grado di produrre nuovi posti di lavoro. Oltre a portare conseguenze pesantissime sull’intera economia del nostro Paese e sulla competitività del sistema.
In ogni tappa della manifestazione si è tenuta una iniziativa pubblica caratterizzata da un tema specifico, connesso alle diverse problematiche che investono le imprese del terziario e le specifiche realtà locali (dalla riforma del mercato del lavoro alla valorizzazione del terziario, dal federalismo allo sviluppo territoriale, dal dissesto ambientale al turismo, dalle difficoltà e potenzialità dei piccoli comuni ai rapporti fra banche e imprese, dal mezzogiorno alla legalità, dai trasporti alla guerra).
Nel suo intervento alla manifestazione finale di Milano, Billè ha sottolineato come questo tour gli abbia consentito di “toccare con mano quali siano oggi i veri problemi non risolti di questo Paese: grave carenza di infrastrutture con porti che non sono porti, ferrovie che non sono ferrovie, trasporti intasati, collegamenti impossibili. E poi una pressione fiscale quasi asfissiante, una burocrazia lenta e costosa che, di fatto, frena ogni processo di sviluppo e giovani che, al Sud ma non solo al Sud, sono costretti, per mancanza di lavoro, a restare confinati ai margini, anzi oltre ai margini di ogni tipo di struttura produttiva. E poi ancora l’abusivismo che, per mancanza di controlli, si ingrossa ogni giorno di più, innumerevoli forme di illegalità che trasformano il mercato in una specie di giungla senza regole. Ed è proprio un miracolo che, nonostante tutto questo, si riesca, in qualche modo, a tirare avanti”.