Gli orafi italiani per la certezza della pena

Gli orafi italiani per la certezza della pena

Dopo l'arresto di un rapinatore in permesso premio, condannato all'ergastolo per l'omicidio di un giovane gioielliere, Confedorafi ha inviato una lettera al Governo dove si sottolinea la preoccupazione per la mancanza della certezza della pena.

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25 maggio 2004

Composizione del Direttivo Confederale:

Gli orafi italiani per la certezza della pena

 

Sconcerto e amarezza sono state espresse dal presidente della Confedorafi, Vincenzo Giannotti, nell’apprendere dalla stampa dell’arresto di un rapinatore, già condannato all’ergastolo per l’omicidio di un giovane gioielliere, che ha potuto riprendere la propria attività criminale ai danni di alcune banche mentre beneficiava di un permesso premio.

“E’ davvero difficile accettare – ha dichiarato Giannotti – che chi ha spietatamente ucciso un nostro collega possa usufruire di permessi, tanto più se poi, come in questo caso, torna a delinquere”.

“In linea di principio non siamo contrari – ha aggiunto – alla concessione di licenze premio ai detenuti meritevoli, ma riteniamo che occorra maggiore attenzione nel concedere tali benefici a chi si è macchiato di reati di particolare gravità sociale”.

In una lettera inviata al presidente del Consiglio Berlusconi, al vice premier Fini e al ministro della Giustizia Castelli, la Confedorafi ha evidenziato la preoccupazione degli orafi italiani (una categoria troppo spesso vittima di episodi criminosi) per la mancanza di “certezza della pena”, dovuta all’applicazione della legislazione premiale e, spesso, anche alla decorrenza dei termini sulla custodia cautelare, con la conseguenza che le sanzioni comminate non vengono effettivamente espiate.

 

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