LA SINTESI DELL'AUDIZIONE

LA SINTESI DELL'AUDIZIONE

D:2-8-2004 P:01 T:Dpef, Confcommercio: "rafforzare le scelte per la competitività e la crescita"

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2 agosto 2004
Signor Presidente,

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Intervento del Direttore Generale

Luigi Taranto

 

 

 

Audizione DPEF

 

sintesi  per la stampa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Roma 2 agosto 2004
 

La scelta di puntare ad un Dpef leggero, con caratteristiche di cornice rispetto al processo di elaborazione della legge finanziaria, non consente – a nostro avviso – di sciogliere almeno tre quesiti di fondo:

 


-          posto che la manovra per il 2005 sarà realizzata con 17 miliardi di misure strutturali e con 7 miliardi di misure one-off, quali saranno le misure strutturali e quali saranno le misure one-off?

 

-          rispetto alla correzione degli andamenti tendenziali della spesa pubblica per 24 miliardi di euro, quale parte e come è affidato alla leva delle nuove entrate, e quale parte e come è affidata alla riduzione dell’andamento tendenziale della spesa pubblica?

 

Ed ancora:

 

-          posto l’obiettivo della riduzione della pressione fiscale nella misura di circa 1 punto di Pil, negli anni 2005 e 2006, in che modo si costruisce l’agibilità finanziaria di questa scelta strutturale, dunque non finanziata in deficit, ma attraverso riduzione della spesa pubblica corrente?

 

Ad ogni buon conto, la presentazione di Palazzo Chigi diceva del passaggio “dalla gestione dell’emergenza finanziaria a una strategia di sviluppo”.

 

Non possiamo non apprezzare – rispetto a questo titolo e a quanto ne consegue – la scelta di “ripartire” da un rigoroso accertamento dello stato di salute della finanza pubblica. Ma – al contempo – non può non sorprendere il mutamento di paradigma intervenuto a poche settimane dallo scongiurato “early warning” della Commissione europea nei confronti dell’Italia, che pure era stato presentato come un riconoscimento del sostanziale – seppur difficile – controllo dei conti pubblici.

 

Dunque oggi si riconosce, invece, che – dopo il decreto correttivo per 7,5 miliardi di euro dell’andamento dei conti pubblici nel 2004 – ci dobbiamo confrontare con una “emergenza finanziaria”.

 

E’ il Governo a dichiararlo. E, di fronte ad una così impegnativa affermazione, pensiamo naturalmente che tutti – il Governo, i soggetti istituzionali della Repubblica federale, le forze sociali – debbano fare la propria parte.

 

La prima valutazione è tuttavia che se, per un verso, la cornice di questo Dpef assume tutta la gravità degli andamenti tendenziali del rapporto deficit/Pil e ne deriva poi una terapia d’intervento puntuale nelle scelte di contenimento del deficit, di riduzione del debito e di miglioramento dell’avanzo primario, per altro verso, invece, questa cornice resta francamente “timida”  sul versante delle politiche per la crescita.

 

Insomma, che ne è stato del riconoscimento politico della necessità di una lettura più espansiva del Patto di Stabilità, ma anche (e soprattutto) di Crescita? Che ne è stato del riconoscimento – detto in altri termini – della necessità  di sottrarci alla trappola della bassa crescita, che rende impervio lo stesso percorso di risanamento della finanza pubblica?

Realismo e cautela in politica, ed in politica economica, sono sempre virtù preziose. Ma possiamo “rassegnarci”  – rispetto allo scenario dell’economia globale – ad un PIL programmatico in crescita del 2,3 nel 2008 rispetto ad un tendenziale del 2,1?

 

Nessun grande paese avanzato – annota il Documento -  “registra tassi di crescita soddisfacenti con una pressione fiscale al di sopra del 40 per cento”. Rispetto alla crescita, lo stesso Documento assegna un ruolo rilevantissimo alla domanda interna e ai consumi delle famiglie, grazie alla crescita del reddito disponibile indotta dalla minor pressione fiscale, dal miglioramento del mercato del lavoro, dal ristabilirsi della fiducia.

 

Anche perché si osserva: “La spinta proveniente dal ciclo internazionale si attenuerà progressivamente a partire dal 2006, riflettendosi sulla crescita delle esportazioni” (Documento, pg. 21).

 

Ma come si conciliano  questa valutazione e questa prospettiva con la riduzione attesa della pressione fiscale nella misura di 1 punto – dal 41,8 del Pil nel 2004 al 40,8 nel 2005 – e con la sua sostanziale stabilizzazione fino al 40, 4 del 2008 ?

 

Tanto più in quanto il punto di partenza di questa valutazione e di questa prospettiva  - e cito : “in conclusione, tutti gli elementi disponibili confermano l’esistenza di una graduale ripresa in atto che trova nei consumi il suo punto di forza e che tende a consolidarsi” (Documento, pg. 15)” – ci sembra generosamente “ottimistico” rispetto ai più recenti dati concernenti l’andamento delle vendite al dettaglio, che segnalano – a maggio – un –3,2% tendenziale e un – 0,6% congiunturale. Il peggior dato dal ’96.

 

Qui ed oggi  possiamo dunque soltanto dire che vi è la necessità che – rispetto alla cornice del Dpef – il processo di elaborazione e definizione dei contenuti qualificanti della legge finanziaria sappia rafforzare le scelte per la competitività e la crescita.

 

Il che, dal nostro punto di vista, vuol dire alcune cose ben precise :

 

-          non si può rinunciare alla riduzione della pressione fiscale che grava sulle famiglie e sulle imprese, anche se ora – visto che la riduzione attesa nella misura di circa 1 punto di Pil (12 miliardi di euro) dovrà essere spalmata negli anni 2005 e 2006 – risulterà ancora più difficile individuare il punto di equilibrio tra interventi di riduzione delle aliquote Ire e interventi di riduzione della fiscalità a carico delle imprese, a partire dall’Irap – rispetto alla quale occorre un intervento apprezzabile da parte di tutte le imprese e non soltanto la misura “simbolica” per la ricerca - e dalle aliquote Iva per il settore del turismo;

 

-          bisogna risolvere la difficile tenuta del Patto di Stabilità interno per evitare tanto che la riduzione della pressione fiscale si traduca in una partita di giro in cui alla riduzione della pressione fiscale statale si accompagni la crescita compensativa (o più che compensativa) dei tributi locali e del costo dei servizi locali, quanto che venga rinviata “sine die” la definizione delle regole e dei contenuti del federalismo fiscale;

 

-          in questo contesto, occorre rivedere i meccanismi degli incentivi alle imprese, evitando però che vi siano vuoti operativi nel passaggio dal vecchio assetto al decollo operativo del fondo rotativo ed assicurando che, in questo processo di riforma, siano rimosse regole discriminanti nei confronti di interi settori d’impresa, tanto più inaccettabili nel momento in cui si decidesse di concentrare i nuovi strumenti sul terreno del sostegno all’innovazione;

 

-          bisogna rilanciare, in sede europea, il problema politico di una lettura più espansiva del Patto di Stabilità e Crescita e porre sul tavolo il dossiér della fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno;

 

-          bisogna verificare la percorribilità concreta di un programma di dismissioni dell’ordine di 25 miliardi di euro l’anno, ricordando che abbiamo necessità non soltanto di privatizzazioni, ma anche di reali liberalizzazioni a partire da quelle del mercato delle utilities e dall’emergenza energia, secondo quei criteri di sostenibilità e di attenzione alle attività strategiche, opportunamente richiamati dal Documento;

 

-          occorre dare risposta alla necessità del rafforzamento della garanzia mutualistica, nella prospettiva di Basilea 2, e individuare i meccanismi compensativi della mobilitazione del flusso del Tfr da parte delle imprese ai fini del decollo della previdenza integrativa;

 

-          vi è necessità di grandi opere, ma anche dell’infrastrutturazione di servizio per l’accessibilità territoriale e per la mobilità urbana;

 

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