Il lavoro, l'impresa e il mercato

Il lavoro, l'impresa e il mercato

Sintesi per la stampa

DateFormat

2 dicembre 2014

Introduzione

La riduzione del Pil italiano tra il 2007 e il 2013 è stata pari all'8,3%, mostrando un'intensità senza precedenti nella storia nostra storia economica. Questo fenomeno ha accentuato i problemi di bassa crescita di cui il nostro Paese soffriva già dagli anni '90. I mai risolti problemi di produttività e competitività hanno determinato, quindi, negli anni più recenti, un sensibile ampliamento dei divari con i principali partner internazionali, in primis con la Germania che viene spesso indicata quale riferimento per la nostra economia. Attualmente nei servizi di mercato opera il 42,4% del totale degli occupati e il valore aggiunto prodotto rappresenta il 40,7% del totale dell'economia (nell'industria le quote sono, rispettivamente, 22,9% e 23,3%). La sua base produttiva, inoltre, è costituita dal 56% dei 6 milioni di imprese registrate presso le Camere di Commercio e costituisce l'area di riferimento della rappresentanza di Confcommercio, in particolare per quanto riguarda i settori del commercio, del turismo, dei trasporti e dei servizi alle persone e alle imprese. E', dunque, evidente come la nostra economia sia sempre più terziarizzata e le potenzialità dei servizi di mercato si colgono in modo sintetico ed efficace anche attraverso l'analisi delle dinamiche occupazionali di lungo termine (fig. 1): non soltanto l'input di lavoro cresce più rapidamente rispetto all'industria durante le fasi (moderatamente) espansive, ma esso appare non decrescente anche durante le fasi peggiori del ciclo economico.

Fig. 1 - Unità di lavoro standard totali (ula)
in migliaia

Fonte: elaborazione Ufficio Studi Confcommercio su dati Istat

Appare logico, sotto questo profilo, costruire una nuova visione dei servizi di mercato come motore della crescita, in modo tale che i provvedimenti legislativi tengano conto della terziarizzazione dell'economia italiana. Pertanto, nella pianificazione e nella implementazione di un'organica azione di riforma del quadro regolatorio afferente al mercato del lavoro, ai rapporti di lavoro e alle dinamiche di efficienza, di produttività e di costo del fattore lavoro, è indispensabile valorizzare le leve in grado di mobilitare al massimo grado le energie competitive presenti nel sistema economico.

Gli ambiti di intervento

Costo del lavoro

La componente dominante nei costi delle imprese del terziario, è costituita dal costo del lavoro. Occorre pertanto intervenire sui limiti alla competitività delle aziende italiane e all'appetibilità del nostro Paese per gli investimenti esteri, vista la presenza nell'Eurozona di Paesi che adottano misure più vantaggiose a favore delle imprese, determinando l'emigrazione dei nostri insediamenti produttivi verso altri Stati europei. Gli incentivi alle assunzioni, pur configurandosi come misure significative che nel breve periodo possono comportare risultati positivi, non risolvono da soli una questione che va affrontata a tutto tondo e che necessita di un approccio strutturale, mirato a ridurre nel tempo quella forbice tra costo del lavoro e retribuzioni che ha ormai assunto una dimensione insostenibile. In questa direzione è apprezzabile l'obiettivo di intervenire sull'Irap, anche se le modalità individuate lasciano fuori una significativa quota di lavoro e non prevedono meccanismi di bilanciamento per quelle imprese che vedono comunque crescere l'occupazione, anche se utilizzano contratti a tempo determinato, comprese quelle che svolgono attività a carattere stagionale. Per queste ragioni occorre che si diano anche risposte su previsioni che fino ad oggi hanno comportato un più gravoso costo del lavoro su alcuni settori produttivi, senza che vi fosse un reale collegamento tra costi sostenuti e prestazioni rese.

Flessibilità e organizzazione del lavoro

Qualsiasi riforma del mercato del lavoro deve muoversi secondo una logica che consenta di operare in un contesto organizzativo dinamico e competitivo, e dunque nuovi istituti come il "contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti", non possono di per sé sostituire quelle tipologie contrattuali flessibili che hanno consentito nell'ultimo decennio di restituire qualità concorrenziale e vitalità occupazionale a comparti strategici per il nostro Paese. L'ipotesi di riordino della normativa esistente in materia di tipologie contrattuali, contenuta nel Jobs act rischia di tradursi in ulteriori interventi "riduttivi" sulle tipologie contrattuali, che sarebbero oltremodo controproducenti, basandosi sulla erronea convinzione che i settori economici e le imprese che vi operano siano tutte uguali, le loro esigenze tutte riconducibili a modelli gestionali "standard". Cosi non è, anzi, maggiori opzioni per le assunzioni aumentano le opportunità di impiego. Le riforme del lavoro infatti hanno avuto un successo laddove, ispirandosi alla strategia della progressiva copertura, con strumenti ad hoc dei fabbisogni regolatori delle "nicchie" del mercato del lavoro, hanno consentito la crescita dell'occupazione, e quantomeno la sua tenuta anche durante congiunture regressive. Viceversa, laddove un contratto si è dimostrato efficace anche se su platee di nicchia, il superamento dello strumento non porta necessariamente ad un orientamento delle imprese verso altre formule. In Italia vi sono in realtà 12 tipologie di lavoro, non 40 (cfr. tabella 1), compreso il lavoro autonomo, che possono avere diverse declinazioni di orario, part time o full time, o applicarsi a fasce di età diverse (come l'apprendistato). In generale occorre quindi che ogni previsione in materia di flessibilità e di organizzazione del lavoro consenta una reale adattabilità delle imprese ai cambiamenti organizzativi e di mercato, tale da mantenerle competitive.

Parimenti i correttivi previsti nella legge delega alla disciplina dei licenziamenti e all'art. 18, dovrebbero garantire una maggiore certezza del diritto e delle regole a tutti gli operatori, nonché una riduzione dei tempi delle controversie giudiziarie e semplificazione delle procedure. Massima attenzione va posta però al rischio che l'indennizzo economico per il licenziamento illegittimo assuma dimensioni tali da risultare ancora una volta sproporzionato rispetto al panorama internazionale.

Semplificazione

La semplificazione, intesa come efficientamento dei processi aziendali in tutte le "connessioni" istituzionali con la Pubblica Amministrazione, i clienti e i fornitori, i lavoratori e le loro rappresentanze, va conseguita quale obiettivo prioritario, per recuperare un gap oggi drammatico rispetto agli standard dei principali player occidentali. Il rilancio della competitività presuppone necessariamente di intervenire per rimuovere uno dei grandi ostacoli allo sviluppo delle imprese e dell'occupazione: l'alta burocrazia, che comporta un danno economico diretto ed indiretto totalmente ingiustificato. L'imperativo deve essere: velocizzazione delle imprese e riduzione dei costi di gestione. Le proposte sono volte a semplificare le procedure e gli adempimenti sulla gestione del rapporti di lavoro e sugli adempimenti burocratici di tipo amministrativo.

Politiche attive/passive e servizi per il lavoro

Per favorire un mercato del lavoro maggiormente efficiente, nonché inclusivo, occorre intervenire sui più gravi differenziali esistenti nel nostro Paese rispetto ai migliori standard OCSE: la difficoltà dei giovani a entrare nel mercato del lavoro stesso e la difficoltà di ricollocarsi per chi perde il lavoro. Nel coordinamento tra politiche attive e passive pertanto diviene centrale il ridisegno di ogni intermediazione inefficace rispetto ai risultati prodotti e di ammortizzatori non solo "assistenziali", con la massima attenzione a non incrementare ulteriormente il costo del lavoro. Il ridisegno non può essere slegato dal sistema di welfare che connota il Paese, né da una attenta valutazione del suo tessuto economico e produttivo e pertanto un riordino degli ammortizzatori non potrà non tenere conto delle ragioni storiche ed economiche che hanno condotto all'attuale disciplina che contempla le reali diversità esistenti tra settori economici. L'ipotesi di una semplificazione della cassa integrazione, non può quindi essere pensata per il commercio sul modello industriale della CIGO, né sui suoi costi, senza rischiare di introdurre l'ennesimo meccanismo di contribuzione di solidarietà impropria tra settori economici. Accanto alla cassa integrazione deve trovare poi collocazione lo strumento più universale per la tutela della disoccupazione, con durate congrue, senza scivolare dentro il rischio di assistenza prolungata, disincentivante per una piena ricollocazione.

* * *

Sul salario orario minimo si evidenzia come questa previsione sia stata introdotta nei Paesi caratterizzati dall'assenza di contrattazione collettiva nazionale o da sistemi di contrattazione collettiva non in grado di garantire una distribuzione salariale minima ed al contempo omogenea per tutto il territorio. In Italia, viceversa, la determinazione della retribuzione del lavoro subordinato è da sempre affidata alla contrattazione collettiva nazionale di categoria che tiene conto degli andamenti dei singoli settori economici e delle relative compatibilità retributive. Parallelamente si evidenzia come per i settori rappresentati da Confcommercio la centralità del Contratto collettivo nazionale sia un fattore di apprezzamento da parte delle imprese che continuano a riconoscersi in questo strumento che ha saputo coniugare nel tempo esigenze organizzative e tutele, fermo restando il fatto che la contrattazione aziendale e territoriale sia assolutamente agibile, anche in modifica del contratto nazionale. Il rischio è che a valle del dibattito in corso sulla contrattazione decentrata prevalga la logica storica per cui un modello immaginato per i grandi insediamenti industriali possa essere replicato con successo in altri comparti economici.

Tabella 1: le tipologie di lavoro esistenti in Italia

Fonte: Confcommercio

 

* * *

Sintesi delle principali proposte

Costo del lavoro

  • Confermare la riduzione strutturale dell'Irap, contemperando un correttivo per consentire beneficio nei confronti di tutte le imprese che generano occupazione.
  • Consentire forme di contribuzione volontaria per gli ultracinquantenni esclusi dal ciclo produttivo in aggiunta alla contribuzione figurativa.
  • Decontribuire e defiscalizzare in misura certa e permanente i meccanismi di "welfare comunitario" attivati a livello di categoria o d'impresa.
  • Riformare il sistema tariffario INAIL, attraverso la fissazione di premi legati in modo maggiormente effettivo ai tassi di rischio nei diversi comparti merceologici.
  • Ridurre la quota dei contributi di malattia INPS, che generano un avanzo positivo strutturale pari a circa il 40% delle entrate contributive annuali.
  • Favorire le assunzioni eseguite dalle imprese commerciali che si insediano nelle aree urbane a rischio di degrado urbanistico o sociale e nei centri storici tradizionali.

Flessibilità e organizzazione del lavoro

  • Le tipologie flessibili (in particolare quelle regolate dalla l. 30/03) vanno salvaguardate.
  • Gli interventi di regolazione del lavoro devono essere sempre connotati da semplicità dei loro meccanismi di funzionamento e flessibilità per intercettare nuovi spazi professionali.
  • Declinare le modifiche ai licenziamenti e art. 18 con norme che non lascino aperti spazi interpretativi.
  • Rimodulare gli standard operativi della l. 223/91 (procedure di notifica, piani sociali, criteri per l'individuazione degli esuberi, ecc.), affinché siano resi più celeri, certi e affidabili gli esiti dei processi di ristrutturazione.
  • Abrogare la disciplina alla procedura di licenziamento ex art. 7 della legge 604/66 che costituisce un appesantimento procedurale, meglio gestito dalle conciliazioni facoltative in sede sindacale.
  • Definire una clausola che entro determinati limiti dia certezza alle parti in caso di ridefinizione delle mansioni.
  • Ridurre il costo dell'ora lavorata agendo sulla leva dell'orario di lavoro, espandendolo sino ai limiti consentiti dalle direttive europee in materia.
  • Rendere certe e stabili le misure di detassazione del salario di produttività che preveda distribuzione delle risorse generate da già conseguiti miglioramenti di efficienza d'impresa.

Semplificazione

  • Razionalizzare e semplificare procedure e adempimenti sulla gestione del rapporto di lavoro.
  • Deflazionare il contenzioso giudiziario, con procedure arbitrali in aree selezionate delle controversie individuali e collettive di lavoro.
  • Nella revisione del regime delle sanzioni valorizzare l'istituto della diffida ed introdurre l'istituto del ravvedimento operoso, con la rateazione delle somme dovute.
  • Razionalizzare le diverse attribuzioni degli organi ispettivi, anche attraverso il coordinamento degli organi stessi, che oggi possono accedere più volte presso le imprese con controlli ad effetti contrastanti sulla certezza del diritto.
  • Uniformare i processi per l'attivazione del contratto di apprendistato oggi diversi da Regione a Regione e utilizzare una procedura amministrativa e gestione informatica unica.
  • Standardizzare a livello nazionale del libretto formativo del cittadino.
  • Graduare gli adempimenti prevenzionali del Dlgs 81/08 e successive modifiche e integrazioni, soprattutto di tipo burocratico, in funzione della rischiosità specifica dell'attività e in conseguenza ridurre il monte ore di formazione standard per le imprese a basso rischio infortunistico.
  • Semplificare gli adempimenti del Dlgs81/08 per le prestazioni lavorative di breve durata.

Politiche attive, servizi per il lavoro, ammortizzatori

  • Liberalizzare la rete integrata di servizi al lavoro.
  • Sostenere le transizioni all'interno del mercato del lavoro attraverso una più diretta conoscenza dell'offerta delle imprese e delle sue trasformazioni.
  • Mettere in rete le informazioni sui soggetti destinatari di politiche di attive, rendendo operativa anche la possibilità di sanzionare il disoccupato che, titolare di misure passive, rifiuti un'offerta di lavoro o di formazione, come previsto dalla legge:
  • Garantire un servizio essenziale "esigibile" e omogeneo su tutto il territorio.
  • Intervenire sull'accreditamento dei soggetti privati, oggi non operativo in tutte le Regioni.
  • Integrare nella rete dei servizi anche i soggetti pubblici della istruzione/formazione, comprese le università, affinché il placement diventi patrimonio comune e attivare interventi di orientamento mirato a maggiore occupabilità
  • Sviluppare una "reputazione di efficienza", per aumentare il ricorso al servizio da parte del cittadino.
  • Promuovere interventi che agevolino la ricollocazione presso imprese sane del personale espulso dai cicli produttivi mediante bonus o sgravi contributivi alle aziende che assumono.
  • Introdurre un sistema premiante in tutti i casi in cui si realizzi un'assunzione in esito a un processo formalizzato di ricerca di occupazione.
  • Nel riordino degli ammortizzatori tenere conto della diversa natura delle attività economiche esercitate evitando di introdurre meccanismi di contribuzione di solidarietà impropria.
  • Salvaguardare la formazione continua erogata dai fondi interprofessionali rivedendo la norma che prevede un prelievo pluriennale sui contributi versati dalle imprese ai suddetti fondi.

Banner grande colonna destra interna

Aggregatore Risorse

ScriptAnalytics

Cerca