IL TESTO DELL'AUDIZIONE CONFCOMMERCIO

IL TESTO DELL'AUDIZIONE CONFCOMMERCIO

d:11-11-2003 p:03 t:Pensioni: è sempre "braccio di ferro"

DateFormat

12 novembre 2003
Le nostre Organizzazioni hanno già segnalato la necessità di una riforma del sistema previdenziale come condizione di un riass

 

 

 

A.S.2058

 

 

 

DELEGA AL GOVERNO

IN MATERIA PREVIDENZIALE

SENATO DELLA REPUBBLICA

 

 

 

AUDIZIONE CONFCOMMERCIO


11 novembre 2003

 

 

 


 

 
 

 


La riforma previdenziale che il Governo intende adottare, anche operando sull’allungamento dell’età media di permanenza al lavoro, appare una scelta dettata soprattutto dall’esigenza di rendere più sostenibile nei prossimi anni il rapporto tra spesa pensionistica e PIL.

 

L’obiettivo, infatti, è quello di realizzare una riduzione di tale rapporto di circa 1 punto percentuale.

 

In Europa tutti i Paesi stanno mettendo a punto correttivi capaci di contrastare gli effetti dell’andamento demografico e di compensare gli squilibri, che nel corso degli anni, hanno interessato i sistemi di sicurezza sociale.

 

Il vero nodo è quello di riequilibrare la durata della vita lavorativa rispetto alla durata del periodo di godimento delle prestazioni.

 

Se oggi il periodo di godimento delle pensioni è raddoppiato, è chiaro che ciò impone anche un prolungamento del periodo di accumulo delle risorse necessarie a coprire i relativi costi.

 

In aggiunta a ciò si assiste ad un ricambio intergenerazionale inadeguato che non consente di bilanciare, attraverso l’incremento dei lavoratori in attività, il numero di pensionati che di anno in anno appesantiscono gli impegni assunti dal sistema previdenziale.

 

Infatti, il rapporto tra lavoratori attivi e pensionati è vicino alla parità. Risulta pari nel 2001, secondo la Commissione parlamentare di controllo negli enti previdenziali, a 1,16 (vale a dire 116 assicurati ogni 100 pensionati) e, secondo dati INPS, nel 2003 a 1,21.

 

Da un recente studio sull’occupazione presentato al CNEL emerge, peraltro, che la crescita occupazionale nel 2002 è stata dell’1,5% mentre nel 2001 si attestava al 2,1%.

 

E’ innegabile, tuttavia, che le riforme strutturali per essere socialmente compatibili richiedono la costruzione del consenso più facilmente raggiungibile attraverso l’adozione di criteri di gradualità.

 

In coerenza con tale linea le proposte appaiono orientate a  limitare tensioni sociali, evitando di introdurre, nell’immediato, misure disincentivanti.

 

Va, tuttavia, considerato che i correttivi che si  vogliono introdurre non tengono conto che la delega all’esame del Senato costituisce il frutto di un delicato equilibrio tra Governo e parti sociali. Qualunque modifica all’impianto originario della delega non può, pertanto, avvenire senza il preventivo coinvolgimento delle parti sociali interessate.

 

Per questi motivi, probabilmente, anche il recente emendamento presentato dal Governo pur non determinando effetti traumatici, non ha riscontrato unanime condivisione.

 

In ogni caso, l’innalzamento dell’età pensionabile ed i diversi requisiti  per l’accesso alla pensione di anzianità  che potrebbero interessare circa 10.000 lavoratori l’anno appaiono coerenti con la richiamata situazione demografica e con le oggettive compatibilità economiche di un sistema previdenziale “maturo”.

 

Analoghe misure, del resto, sono state varate da altri Paesi europei in attuazione di linee guida dettate dall’Unione.

 

Per quanto riguarda  l’esatta portata finanziaria della riforma, è oggettivamente  difficile determinare quantificazioni sui risparmi che potranno essere conseguiti. Del resto, gli effetti sulla spesa pubblica sono condizionati da una serie di variabili non governabili a priori e derivanti da valutazioni individuali.

 

Per questo, crediamo che sia che si ipotizzi un risparmio annuo di 9 miliardi di euro sia che realizzi un risparmio di  12 miliardi, il sistema trarrà, comunque, beneficio da un diverso orientamento culturale.

 

Si sta diffondendo nelle società più evolute, infatti, la tendenza a favorire la permanenza al lavoro e l’occupabilità dei lavoratori anziani.

 

Le proposte del Governo, tuttavia, lasciano alcuni aspetti da chiarire.

 

 

Incentivi al rinvio del pensionamento

 

Occorrerebbe recuperare l’originaria formulazione del provvedimento che puntava su condizioni di consensualità tra lavoratore e datore di lavoro e distribuiva tra azienda e lavoratore i benefici dell’incentivo.

 

Ciò per garantire condizioni di flessibilità a quei settori produttivi che non disponendo di prepensionamenti, si vedrebbero costretti a mantenere in servizio i lavoratori anziani senza apprezzabili contropartite. 

 

Se non si prevedono adeguati meccanismi si rischia di addossare solo ad alcune realtà imprenditoriali  il vero peso della riforma. Le aziende, in questo caso, dovranno farsi carico di sostenere la permanenza al lavoro di soggetti che sarebbero stati remunerati attraverso il trattamento pensionistico. Si realizzerebbe di fatti una sorta di improprio ammortizzatore sociale con oneri di oltre 200 milioni di euro fino al 2007.

 

Per quanto concerne, invece, l’introduzione del calcolo contributivo per coloro che intendano, dopo il 2008, richiedere la pensione di anzianità  con le regole preesistenti va sottolineato il problema dei lavoratori autonomi.

 

Tale sistema disincentivante se non accompagnato da una  salvaguardia di livelli minimi di trattamento potrebbe determinare insopportabili abbattimenti delle pensioni corrisposte a tali categorie di lavoratori.

 

 

Utilizzo TFR

 

Appare indispensabile che, già in sede di delega, vengano chiarite le modalità di compensazione dei costi di smobilitazione del TFR.

 

Non va dimenticato, infatti, che l’accantonamento annuo del TFR ammonta a circa 16 miliardi di euro.

 

Si potrebbero, ad esempio, prevedere più agevoli condizioni di accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese che, proprio in questa fase di congiuntura economica, registrano notevoli difficoltà di reperimento di risorse sul mercato finanziario.

 

Le possibili compensazioni, tuttavia, dovranno operare su tutte le componenti del cuneo fiscale e contributivo che grava sul lavoro italiano e che continua ad essere determinante  sul nostro deficit di competitività.

 

Per questo, oltre a misure di alleggerimento del carico contributivo riteniamo che debba essere valutata la possibilità di agire anche su gli oneri impropri e sugli effetti distorsivi dell’IRAP.

 

 

Equiparazioni Fondi chiusi e fondi aperti

 

Il decollo del secondo pilastro previdenziale non può prescindere dalla valorizzazione dei Fondi di origine contrattuale finora non adeguatamente considerati.

 

Non a caso risultano iscritti alla previdenza complementare negoziale dal ’93 ad oggi solo  1.022.682 lavoratori con un accantonamento complessivo di 3,8 miliardi di euro.

 

Ciò dimostra che non è stato ancora compreso il ruolo sociale svolto dai fondi negoziali che va oltre il semplice meccanismo finanziario realizzato dai fondi aperti. Porre tali realtà sullo stesso piano significherebbe  ignorare la peculiarità e la finalità sociale proprie della previdenza integrativa che nasce dalla contrattazione collettiva. Si tende a dimenticare che le risorse stanziate da aziende e lavoratori sono destinate, per legge, a compensare il vuoto determinato dalla riduzione della tutela obbligatoria.

 

In definitiva, se non si modifica l’impostazione che tende a equiparare fondi chiusi e fondi aperti, si finisce per declassare la previdenza complementare a mero strumento finanziario impropriamente alimentato dalle risorse che aziende e lavoratori mettono in gioco al momento del confronto contrattuale.

 

Per tali motivi, mentre appare coerente l’introduzione del silenzio-assenso,  non è condivisibile la possibilità per il lavoratore di trasferire, dai fondi chiusi ai fondi aperti la contribuzione ed il TFR previsti dai CCNL. In questo modo, infatti, verrebbe disconosciuto il valore retributivo contrattuale delle somme destinate alla previdenza complementare.

 

 

Separazione previdenza e assistenza

 

In un disegno riformatore andrebbe, in ogni caso, completato il processo di razionalizzazione che dovrebbe porre la sola spesa previdenziale a carico del mondo produttivo.

 

D’altro canto, la spesa assistenziale, che attraverso oneri impropri tuttora grava sulle imprese, deve essere posta definitivamente a carico dell’intera collettività e, quindi, finanziata rimodulando il prelievo fiscale.

 

 

Lavoro autonomo

 

Il lavoro autonomo costituisce un fattore decisivo per la crescita economica e lo sviluppo dell’occupazione.

 

La gestione pensionistica dei commercianti, ad esempio, ha registrato un incremento nel numero degli iscritti pari a oltre 30.000 unità nel periodo 2000-2002.

 

Tuttavia, nell’ambito dei processi di riforma, registriamo la mancanza di specifici interventi capaci di incentivare la permanenza in attività dei lavoratori autonomi nonché di misure agevolative  che realizzino la diffusione di forme  previdenziali integrative di categoria.

 

Banner grande colonna destra interna

Aggregatore Risorse

ScriptAnalytics

Cerca