L'intervista di Sergio Billè al Secolo XIX

L'intervista di Sergio Billè al Secolo XIX

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29 agosto 2002
Billè: «Gli industriali ci accusano

Dal "Secolo XIX" del 29 agosto 2002

 

Billè: «Gli industriali ci accusano? La colpa degli aumenti è loro»

 

Presidente Billè, i commercianti sono nel mirino praticamente di tutto il Paese. Si sente assediato?

«Neanche un po'. E questo perché sulla vicenda dei prezzi si sta facendo troppa demagogia a buon mercato».

Eppure anche il governo si dice preoccupato.

«Io credo che il governo farebbe bene a decidere quali misure intende prendere nel breve, brevissimo periodo. Sarebbe molto bello se già domani ci confezionasse una notizia di questo genere. Perché il problema vero non sono i prezzi, ma

sbloccare una situazione economica che da qualsiasi parte si guardi dà segnali di un pericoloso avvitamento».

Lei sta spostando il tiro.

«No, guardo al bersaglio vero. Occorre sostituire il paniere degli annunci e delle polemiche, che si è ingrossato oltremisura alimentando confusioni e incertezze, con

il paniere delle decisioni, per rimettere in moto un mercato che invece

è quasi fermo. Qui il problema non è l'inflazione, che resta su livelli ragionevoli,

ma evitare che il mercato entri in una fase recessiva che pregiudicherebbe ogni possibilità di ripresa».

Gli italiani, però, si sentono in balia di rincari indiscriminati e ingiustificati.

«Guardi che l'erosione del potere d'acquisto investe pari pari gli operatori commerciali, perché i consumi sono a "ground zero". Abbiamo stimato che a fine anno cresceranno dello 0,6%, un incremento da

Terzo Mondo. Questo vuol dire che se fino a un anno fa entravano in un negozio due clienti, ora ne entra uno e per spendere sempre meno.

E guardi che parlo di commercianti che per il 90% non hanno rendite

finanziarie alle spalle, per cui dovendo campare con quello che riescono

a vendere sono alla canna del gas».

Dunque che cosa si aspetta dal governo?

«Misure per rilanciare i consumi, produrre più ricchezza, mettere in

circolo risorse e ricavare entrate che permettano di realizzare gli investimenti

promessi, i quali per mancanza di soldi sono quasi tutti al palo».

Facciamola breve...

«Bisogna tagliare le tasse, mettendo mano alla prima tranche della

riforma fiscale per riaccendere le aspettative del mercato e ricreare

un po' di ottimismo. Il governo non ha colpe per il futuro, ma per il passato

sì. Se avesse azionato la leva del fisco a inizio anno, la nostra

economia non sarebbe andata in secca. Guardi gli Stati Uniti: si sono

mossi subito per spingere una locomotiva che ansimava».

L'Italia ha il problema dei vincoli imposti dal Patto di Stabilità.

«Sono stato forse il primo a dire che il Patto dev'essere più flessibile. remonti mi rispose che non era assolutamente possibile, ora vedo che pure lui è passato da questa parte della barricata. Di sicuro è il momento di ragionarci».

Intanto si pensa a un condono e al blocco delle tariffe pubbliche.

«I condoni hanno sempre ingrossato l'esercito degli evasori e del

mercato fuorilegge, mi sembra una toppa peggiore del buco. E quanto

al blocco delle tariffe qualcosa si può fare, ma alla fine non so quanto

si possa portare a casa. La via maestra è ridurre le tasse. Oggi imprese

e famiglie sono soggette a una pressione che complessivamente

si porta via il 70% del reddito. Finché vivremo schiacciati da

questa pressa, quale sviluppo vuol vedere?».

Ma il ministro Tremonti dice che deve coprire un "buco" da

40.000 miliardi, come fa a diminuire le tasse?

«Intanto si tolgano dalla testa l' "una tantum", visto che qualcuno

ne ha parlato. I soldi vanno cercati altrove, e lo dico urlando, con

quei tagli strutturali nella pubblica amministrazione che sono stati annunciati

e mai realizzati. Molte gestioni sono passate alle Regioni, eppure

gli organici dell'apparato centrale sono rimasti gli stessi; molti

contratti sono stati privatizzati, ma questo non ha prodotto alcun giovamento.

E' arrivato il momento di usare l'accetta, visto che i costi della pubblica

Amministrazione anziché diminuire sono cresciuti del 5,4%».

Insisto, presidente: anche i prezzi sono aumentati.

«Se davvero fossero andati alle stelle, anche per un meccanismo di rilevazione arrugginito, forse un po' antiquato, come quello dell'Istat, sarebbe stato

impossibile non registrare un simile, macroscopico evento. A meno

di non truccare in modo sfacciato e clamoroso il dato dell'inflazione.

Invece il tasso è del 2,3%, quello che noi avevamo previsto all'inizio dell'anno.

E poi, perché fino a ieri la struttura di rilevazione dell'Istat andava bene a tutti, anche quando registrava un tasso di inflazione a due cifre, e oggi la stessa struttura

non sarebbe più credibile?».

Perché?...

«Si è tentato, e questo lo sottolineo, di riempire il paniere con argomenti

di natura politica, mentre la statistica dovrebbe essere impermeabile

a qualsiasi governo e a qualsiasi politica. Se così non fosse e se si dimostrasse che i rilevatori dell'Istat sono incalliti imbroglioni al servizio di qualcuno, allora si

mandino lettere di licenziamento e si chiuda la baracca. Ma non si pensi di sostituire il paniere Istat con "panierini" a uso e consumo di qualcuno, perché

questo condurrebbe a una rovinosa anarchia».

Vuol dirmi che i commercianti sono una categoria di santi ingiustamente

martirizzata?

«Certamente c'è chi ha fatto il furbo, come può accadere in un libero mercato, in Italia come altrove, però escludo che un milione e mezzo di imprese, quante sono

quelle della distribuzione, abbiano agito per far scappare i pochi clienti

che sono rimasti».

Confindustria dice che è tutta colpa vostra, visto che i prezzi alla

produzione sono calati.

«Ah sì? Sono argomentazioni speciose, significa menare il can per l'aia ed eludere problemi che invece, guarda un po', hanno origine proprio nel comparto industriale.

Lo sa che per mesi e mesi gli industriali hanno pensato solo al riassetto dei loro bilanci e alle ristrutturazioni, scaricando sui listini costi che invece si sarebbero

potuti assorbire diversamente? L'industria ha avuto la "Legge Tremonti", con forti detassazioni delle quali il commercio non ha goduto. Prezzi freddi all'origine? E quanta espulsione di manodopera dal ciclo produttivo hanno provocato, in gran parte riassorbita proprio dal settore della distribuzione. E quanto costo sociale hanno portato?».

Però, il problema esiste se la Confersercenti ha concordato con i consumatori un fermo dei prezzi fino a tutto il prossimo dicembre.

«Demagogia. Parlare di blocco dei prezzi, come se questo strumento

da sistema dei soviet fosse ancora proponibile, vuol dire ignorare

quali regole stanno alla base del libero mercato. Noi ci adopereremo per isolare i furbi e perché il rapporto con i consumatori sia il più trasparente possibile, come sta già avvenendo, ma non è tirando giù dalla soffitta il calmiere che si riporta il Paese sulla via dello sviluppo. Se non ricordo male, l'ultimo a provarci fu Ciriaco De Mita

e si trattò di un disastro».

Almeno sulla Rc auto converrà che il freno in qualche modo bisogna

tirarlo.

«Certo, ma non so se la misura migliore sia il blocco delle tariffe. Io credo che una mossa intelligente, e stiamo lavorando per articolare una proposta precisa, sia quella di muoversi com'è avvenuto nei mercati delle auto e delle telecomunicazioni,

cioè consentire all'assicuratore di poter vendere non solo il prodotto della compagnia alla quale è legato dal rapporto di mandato, ma prodotti di compagnie

diverse, creando immediatamente una concorrenza che secondo le nostre valutazioni possono portare a ribassi sulle polizze anche del 40%. Il concetto è quello di "assicuratori plurimarche". Ci vorrebbe molto poco per farlo, ma la lobby

delle compagnie si oppone perché evidentemente ha condizioni di cartello che vuole mantenere».

 

LUIGI LEONE

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