Billè: «Gli industriali ci accusano? La colpa degli aumenti è loro»
Billè: «Gli industriali ci accusano? La colpa degli aumenti è loro»
Intervista al Secolo XIX
Presidente Billè, i commercianti sono nel mirino praticamente di tutto il Paese. Si sente assediato?
«Neanche un po'. E questo perché sulla vicenda dei prezzi si sta facendo troppa demagogia a buon mercato».
Eppure anche il governo si dice preoccupato.
«Io credo che il governo farebbe bene a decidere quali misure intende prendere nel breve, brevissimo periodo. Sarebbe molto bello se già domani ci confezionasse una notizia di questo genere. Perché il problema vero non sono i prezzi, ma sbloccare una situazione economica che da qualsiasi parte si guardi dà segnali di un pericoloso avvitamento».
Lei sta spostando il tiro.
«No, guardo al bersaglio vero. Occorre sostituire il paniere degli annunci e delle polemiche, che si è ingrossato oltremisura alimentando confusioni e incertezze, con il paniere delle decisioni, per rimettere in moto un mercato che invece è quasi fermo. Qui il problema non è l'inflazione, che resta su livelli ragionevoli, ma evitare che il mercato entri in una fase recessiva che pregiudicherebbe ogni possibilità di ripresa».
Gli italiani, però, si sentono in balia di rincari indiscriminati e ingiustificati.
«Guardi che l'erosione del potere d'acquisto investe pari pari gli operatori commerciali, perché i consumi sono a "ground zero". Abbiamo stimato che a fine anno cresceranno dello 0,6%, un incremento da Terzo Mondo. Questo vuol dire che se fino a un anno fa entravano in un negozio due clienti, ora ne entra uno e per spendere sempre meno. E guardi che parlo di commercianti che per il 90% non hanno rendite finanziarie alle spalle, per cui dovendo campare con quello che riescono a vendere sono alla canna del gas».
Dunque che cosa si aspetta dal governo?
«Misure per rilanciare i consumi, produrre più ricchezza, mettere in circolo risorse e ricavare entrate che permettano di realizzare gli investimenti promessi, i quali per mancanza di soldi sono quasi tutti al palo».
Facciamola breve...
«Bisogna tagliare le tasse, mettendo mano alla prima tranche della riforma fiscale per riaccendere le aspettative del mercato e ricreare un po' di ottimismo. Il governo non ha colpe per il futuro, ma per il passato sì. Se avesse azionato la leva del fisco a inizio anno, la nostra economia non sarebbe andata in secca. Guardi gli Stati Uniti: si sono mossi subito per spingere una locomotiva che ansimava».
L'Italia ha il problema dei vincoli imposti dal Patto di Stabilità.
«Sono stato forse il primo a dire che il Patto dev'essere più flessibile. Tremonti mi rispose che non era assolutamente possibile, ora vedo che pure lui è passato da questa parte della barricata. Di sicuro è il momento di ragionarci».
Intanto si pensa a un condono e al blocco delle tariffe pubbliche.
«I condoni hanno sempre ingrossato l'esercito degli evasori e del mercato fuorilegge, mi sembra una toppa peggiore del buco. E quanto al blocco delle tariffe qualcosa si può fare, ma alla fine non so quanto si possa portare a casa. La via maestra è ridurre le tasse. Oggi imprese e famiglie sono soggette a una pressione che complessivamente si porta via il 70% del reddito. Finché vivremo schiacciati da questa pressa, quale sviluppo vuol vedere?».
Ma il ministro Tremonti dice che deve coprire un "buco" da 40.000 miliardi, come fa a diminuire le tasse?
«Intanto si tolgano dalla testa l' "una tantum", visto che qualcuno ne ha parlato. I soldi vanno cercati altrove, e lo dico urlando, con quei tagli strutturali nella pubblica amministrazione che sono stati annunciati e mai realizzati. Molte gestioni sono passate alle Regioni, eppure gli organici dell'apparato centrale sono rimasti gli stessi; molti contratti sono stati privatizzati, ma questo non ha prodotto alcun giovamento. È arrivato il momento di usare l'accetta, visto che i costi della pubblica Amministrazione anziché diminuire sono cresciuti del 5,4%».
Insisto, presidente: anche i prezzi sono aumentati.
«Se davvero fossero andati alle stelle, anche per un meccanismo di rilevazione arrugginito, forse un po' antiquato, come quello dell'Istat, sarebbe stato impossibile non registrare un simile, macroscopico evento. A meno di non truccare in modo sfacciato e clamoroso il dato dell'inflazione. Invece il tasso è del 2,3%, quello che noi avevamo previsto all'inizio dell'anno. E poi, perché fino a ieri la struttura di rilevazione dell'Istat andava bene a tutti, anche quando registrava un tasso di inflazione a due cifre, e oggi la stessa struttura non sarebbe più credibile?».
Perché?...
«Si è tentato, e questo lo sottolineo, di riempire il paniere con argomenti di natura politica, mentre la statistica dovrebbe essere impermeabile a qualsiasi governo e a qualsiasi politica. Se così non fosse e se si dimostrasse che i rilevatori dell'Istat sono incalliti imbroglioni al servizio di qualcuno, allora si mandino lettere di licenziamento e si chiuda la baracca. Ma non si pensi di sostituire il paniere Istat con "panierini" a uso e consumo di qualcuno, perché questo condurrebbe a una rovinosa anarchia».
Vuol dirmi che i commercianti sono una categoria di santi ingiustamente martirizzata?
«Certamente c'è chi ha fatto il furbo, come può accadere in un libero mercato, in Italia come altrove, però escludo che un milione e mezzo di imprese, quante sono quelle della distribuzione, abbiano agito per far scappare i pochi clienti che sono rimasti».
Confindustria dice che è tutta colpa vostra, visto che i prezzi alla produzione sono calati.
«Ah sì? Sono argomentazioni speciose, significa menare il can per l'aia ed eludere problemi che invece, guarda un po', hanno origine proprio nel comparto industriale. Lo sa che per mesi e mesi gli industriali hanno pensato solo al riassetto dei loro bilanci e alle ristrutturazioni, scaricando sui listini costi che invece si sarebbero potuti assorbire diversamente? L'industria ha avuto la "Legge Tremonti", con forti detassazioni delle quali il commercio non ha goduto. Prezzi freddi all'origine? E quanta espulsione di manodopera dal ciclo produttivo hanno provocato, in gran parte riassorbita proprio dal settore della distribuzione. E quanto costo sociale hanno portato?».
Però, il problema esiste se la Confersercenti ha concordato con i consumatori un fermo dei prezzi fino a tutto il prossimo dicembre.
«Demagogia. Parlare di blocco dei prezzi, come se questo strumento da sistema dei soviet fosse ancora proponibile, vuol dire ignorare quali regole stanno alla base del libero mercato. Noi ci adopereremo per isolare i furbi e perché il rapporto con i consumatori sia il più trasparente possibile, come sta già avvenendo, ma non è tirando giù dalla soffitta il calmiere che si riporta il Paese sulla via dello sviluppo. Se non ricordo male, l'ultimo a provarci fu Ciriaco De Mita e si trattò di un disastro».
Almeno sulla Rc auto converrà che il freno in qualche modo bisogna tirarlo.
«Certo, ma non so se la misura migliore sia il blocco delle tariffe. Io credo che una mossa intelligente, e stiamo lavorando per articolare una proposta precisa, sia quella di muoversi com'è avvenuto nei mercati delle auto e delle telecomunicazioni, cioè consentire all'assicuratore di poter vendere non solo il prodotto della compagnia alla quale è legato dal rapporto di mandato, ma prodotti di compagnie diverse, creando immediatamente una concorrenza che secondo le nostre valutazioni possono portare a ribassi sulle polizze anche del 40%. Il concetto è quello di "assicuratori plurimarche". Ci vorrebbe molto poco per farlo, ma la lobby delle compagnie si oppone perché evidentemente ha condizioni di cartello che vuole mantenere».
– Luigi Leone